Dopo aver trionfato lo scorso anno a Sanremo Giovani con il brano “Mi servirebbe sapere”, Antonio Maggio torna con un nuovo album di inediti. “L’Equazione”, in uscita oggi su etichetta Universal Music, contiene undici brani dallo stile originale e indefinibile, a metà tra swing e canzone d’autore. Il giovane artista pugliese sperimenta nuovi suoni, gioca con ritmo e ironia, realizzando un disco divertente, coraggioso e ricco di spunti sui quali riflettere. Ecco cosa ci ha raccontato.
Antonio, dicono che il secondo album sia più ostico del primo. Tu come la vedi?
E’ l’album più difficile perché è quello delle conferme. Con “L’Equazione” ho voluto però continuare il discorso interrotto lo scorso anno. “Lo sai che lo so”, il pezzo che apre il nuovo disco, è, infatti, il seguito ideale di “Mi servirebbe sapere”. C’è un filo conduttore che lega tutte le canzoni. Forse è azzardato parlare di concept album a ventisette anni, ma “L’Equazione” è costruito intorno ad un pensiero, un insegnamento kantiano: trasformare le difficoltà del nostro tempo in opportunità.
E come?
Bisogna ripartire per rinascere meglio di prima. Si possono cambiare le cose solo raggiungendo un cambiamento interiore. Stare bene con se stessi. E la gente, anche con la musica, può e deve staccarsi dai problemi che il tempo storico riserva. Nelle mie canzoni racconto alcune storie e varie sfaccettature delle difficoltà che stiamo affrontando.
Pensi che la tua generazione possa apportare questo cambiamento epocale?
La mia generazione deve rimboccarsi le maniche e dare imput. Sono fiducioso ma credo che saranno soprattutto i più giovani, i bambini di oggi, ad apportare il cambiamento necessario. E’ il messaggio che lancio anche nel mio primo singolo: alla fine del video compare un bambino, l’unico in grado di risolvere l’equazione.
Noi italiani dovremmo avere più consapevolezza della bellezza del nostro Paese. Spesso ce ne dimentichiamo. Quando ci buttiamo troppo a terra, dovremmo rileggere i libri di storia e ricordarci che abbiamo tutto: le donne più belle, il cibo più buono, l’arte e l’inventiva che tutto il mondo ci invidia.
Tornando a “L’Equazione”, quanto ha influito la tua passione per i grandi cantautori del passato nella costruzione del disco?
L’80% della musica che ascolto è italiana. Amo il cantautorato di casa nostra. Celentano è il mio preferito. Quindi è inevitabile che nel mio nuovo disco ci siano richiami ai grandi cantautori. Ad esempio, “Pompe Funebri Da Lucrezia” è la dissacrazione di “Boccadirosa” di De André. Parla di una donna “poco pia”, come la protagonista della canzone del Faber. Le mie canzoni, però, non sono soltanto un omaggio al cantautorato italiano ma anche un invito ad aprire le orecchie. Siamo abituati a mitizzare il passato ma credo che si debba dare possibilità e spazio ai giovani di oggi. Facciamo andare avanti la musica, senza fossilizzarci su ciò che è stato.
E difatti nel tuo secondo album ti sei divertito a sperimentare a livello musicale.
Ho voluto fondere la melodia italiana e l’elettronica, creando un suono moderno, generando qualcosa di molto personale e originale.
E l’ironia è lo strumento che preferisci per trattare temi anche seri e delicati.
Mi diverto a scherzare, tra implicito ed esplicito. “La Canzone della Mosca” è allegra e giocosa ma in realtà parla di uno stalker. Anche “Pirindiffi” è ironica ma descrive la tragica storia di un mio compaesano. Bruno era un pittore di Squinzano. Tutti lo conoscevano in paese. La vita non gli ha riservato cose belle. Ricordo che citofonava a casa per chiedere qualche soldo. Oppure lo potevi trovare lontano dal paese, in posti assurdi. Capitava di dargli un passaggio in auto e lui ti ringraziava regalandoti un quadro. Poi un giorno ha preso il suo cuscino e ha deciso di coricarsi sui binari. Il treno l’ha travolto ed è morto. Ho voluto omaggiarlo con questa canzone.
A proposito di omaggi, il disco si chiude con “La Donna Riccia” di Modugno. Perché hai scelto proprio questo brano?
Era la scelta meno scontata ed è una canzone che mi sta a cuore perché è cantanta in dialetto salentino. Volevo rimarcare le mie origini. E’ stato bello registrarla, quel giorno in studio ci siamo davvero divertiti.
Come è nata la collaborazione con Clementino, con il quale duetti in “Stanco”?
La canzone in realtà è nata per essere cantata solo dal sottoscritto. Parlando poi con Simone Perrone, mio amico ed ex compagno di scuola con il quale scrivo tutti i testi, ci siamo resi conto che qualcosa mancava. Non riuscivamo a completare il brano. Allora ho chiamato Clementino, che ho conosciuto a maggio dello scorso anno, e gli ho chiesto di mandarmi un suo pezzo rappato. Gli ho dato mezza giornata di tempo. Dopo meno di cinque ore, mi è arrivata la sua mail.
“Nell’Etere”, una delle tracce più belle de “L’Equazione” era destinata a Sanremo 2014 ma è stata scartata. Ci riproverai in futuro?
Ho un bel ricordo del festival, mi ha dato tante soddisfazioni. Mi piacerebbe riprovare. Ma sono anche contento di come sia andata quest’anno perché ho avuto più tempo per realizzare il disco. Ed è uscito proprio come volevo. Le cose fatte in fretta non mi sono mai piaciute.
Quando ti vedremo in concerto?
Stiamo organizzando il tour. Non abbiamo ancora definito il cartellone. Ma dopo il periodo di promozione del disco e dopo l’instore in nove città, comincerò a fare concerti. Probabilmente già a fine giugno.
Qualche anticipazione?
Uscirò sul palco con un battimosche, sulle note de “La Canzone della Mosca”. Ci sarà da divertirsi.
Silvia Marchetti