“Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie” dà uno schiaffo morale a chi dice che il Cinema contemporaneo, siccome non ha più nulla da raccontare, cerca di stupire con effetti fin troppo speciali. Il seguito de “L’alba del pianeta delle scimmie”, il film uscito nel 2011, ci dà invece un insegnamento di vita, prendendo spunto non solo da altre pellicole, una su tutte “Il pianeta delle scimmie” del 1968, basata a sua volta sul romanzo di Pierre Boulle, ma anche dalla tradizione teatrale, shakespeariana soprattutto. La pellicola, diretta da Matt Reeves, si sviluppa tra il 2016 e il 2020, in uno scenario post-apocalittico.
Siamo nella foresta di Muir, nei pressi di San Francisco, il luogo dove Cesare – lo scimpanzé diventato intelligente grazie ai geni trasmessi da sua madre, deceduta dopo aver fatto da cavia a un esperimento per la cura della demenza senile – ha creato una comunità di scimmie piuttosto evoluta, di cui egli è il capo. Una sorta di leader carismatico, al quale tutti obbediscono. I primati vanno a cavallo, hanno costruito delle piccole abitazioni di legno e cacciano. Nel frattempo gli umani sono stati decimati dal cosiddetto virus delle scimmie, vivono in una colonia creata nella città californiana e non hanno perso il vizio di uccidere.
Per anni scimmie e uomini non hanno avuto più alcun contatto, ma quando le cose, per gli esseri umani, sembrano precipitare un gruppo di persone, con a capo Malcolm (Jason Clarke), si avventura nella foresta per riattivare una diga. L’incontro tra le due specie non è del tutto pacifico. I primati si mostrano diffidenti, ma Cesare conosce il lato più nobile dell’umanità e, quindi, vuole dare agli uomini, con i quali egli è cresciuto, un’occasione. Lo scimpanzé, proprio come un re di Shakespeare, viene tradito però da Koba, che invece ha tutte le caratteristiche di Iago: gelosia e brama di potere s’impossessano di questa scimmia, diventata cattiva a causa dei soprusi e delle violenze subite in laboratorio. Il motto “le scimmie non uccidono altre scimmie” si annulla di fronte al desiderio di possesso. E la guerra così ha inizio. Uomo e scimpanzé non sono poi così diversi. Il bene si scontra con il male, nell’una e nell’altra specie. La scimmia ha attaccato, ma l’uomo non dimentica e quindi non perdona. Dice Cesare, interpretato da uno straordinario Andy Serkis. La tecnica della performance capture mostra qui tutta la sua efficacia, tanto che i personaggi virtuali sono più convincenti di quelli reali in un film che sta portando un po’ di gente al Cinema, in attesa della nuova stagione cinematografica. L’unica pecca di questa pellicola è la ripetitività di una parte della materia trattata già in altri film dello stesso filone: l’uomo all’alba dell’apocalisse sembra non possedere più quell’antica saggezza che lo ha portato a creare tecniche sempre più evolute. Sprovvista di alcuni mezzi, come l’elettricità, l’umanità sembra essere in preda a una crisi di nervi. Un tema fin troppo abusato ma che continua a piacere.
Trailer: http://youtu.be/lQ_dIKTOCJQ
Maria Ianniciello