Yusuf Islam, meglio noto come Cat Stevens pubblica “Tell ‘em I’m gone”, nuovo album di cover e inediti in cui fonde le sue due anime in nome del blues. La recensione del disco
La musica viene prima di tutto, spesso addirittura prima di chi la crea e della sua personalità. Questo vale ancora di più per un artista come Yusuf Islam, meglio noto come Cat Stevens. Due persone diverse, lo stesso uomo che anni su una spiaggia di Malibù fece la scelta di convertirsi all’Islam, abbandonando il suo passato, la sua arte e per certi versi anche se stesso.
Ma oggi il cantautore britannico sembra aver trovato definitivamente un equilibrio tra religione e musica e la nuova armonia si traduce in “Tell ‘em I’m gone”, album uscito sul mercato lo scorso 27 ottobre. Un lavoro in cui presente e passato si fondono con grazia e ironia, in cui Cat e Yusuf convivono amabilmente in nome del blues e della tradizione R&B.
Non sono bastati quarant’anni lontano dalle scene per farlo ritornare nell’oblio e questo lavoro (il primo da cinque anni e il terzo dal 2006, anno del suo ritorno con “An another cup”) fa comprendere benissimo il perché. Prodotto in collaborazione con il mito Rick Rubin e mixato dall’eterno Paul Samwell-Smith, il disco è formato da cinque inediti e cinque cover. Tra queste ultime figura proprio la canzone che dà il titolo al disco, un pezzo della tradizione afroamericana impreziosito dal contributo di musicisti del calibro di Richard Thompson, Charlie Musselwhite, Bonnie ‘Prince’ Billy, Tinariwen e Matt Sweeney.
Autentica perla è “You are my sushine”, brano degli anni trenta interpretato in precedenza da artisti come Bing Crosby, Johnny Cash e Ray Charles. Yusuf Islam si ispira proprio a quest’ultimo, mettendo in primo piano il dialogo tra la sua stupenda voce roca, rimasta intatta nonostante il tempo che passa, e una chitarra sempre presente, ma mai invadente. Con “The Devil came from Kansas” dei Procol Harum si passa al classic rock e il cantautore trapiantato a Dubai duetta con Will Oldham (meglio noto come Bonnie “Prince” Billy) in un pezzo impreziosito dall’egregio riff finale che ricorda tempi lontani in cui il rock era qualcosa di più che semplice musica.
Altra cover è “Big boss man”, brano tutto armonica & chitarra, grazie al quale Yusuf/Cat denuncia a suon di blues le differenze sociali, economiche e culturali che affliggono questo pianeta.
All’interno del nuovo album è da evidenziare sicuramente”Editing floor Blues”, in cui è l’armonica di Charles Musselwhite a farla da padrone e ad accompagnare un testo in cui il cantautore parla di se stesso e del proprio percorso di vita. Chi invece vuole rivedere il Cat Stevens del passato non può prescindere dalla dolcissima ballad “Dying to live”, ennesima cover (l’originale è di Edgar Winter) in cui i fans potranno rivedere il cantante che hanno imparato ad amare negli anni sessanta. Piano e voce si fondono in una canzone intima, personale, a tratti malinconica, ma che riesce a toccare corde inaspettate.
Nel complesso “Tell ‘em I’m gone” non è sicuramente l’album migliore di Cat Stevens, ma è certamente l’opera più bella di Yusuf Islam. L’artista è riuscito condensare le sue due anime e a reinterpretare il proprio passato arricchendolo con il suo nuovo io. Il disco è attuale, fresco, pieno di energia nuova, ma è anche pervaso da un “soffio vintage” che lo rende a tratti irresistibile. Se il nuovo equilibrio tra “talento e fede”, per usare le parole dello stesso musicista, equivale a questo, non possiamo che sperare che duri, e parecchio anche.
Vittoria Patanè