Il Salone del Gusto e Terra Madre di Torino continua a proporre interessanti iniziative. Tanti gli incontri, i laboratori culinari, le degustazioni e i convegni. Tra i più interessanti, quello che si è svoltosi ieri, 27 ottobre 2012, sul diritto al cibo. Slow Food, senza mai rinnegare l’importanza del diritto al piacere legato al cibo, si è trasformato in soggetto politico, esattamente come le comunità del cibo di Terra Madre, che si caratterizzano per intelligenza affettiva e austera anarchia e che, grazie alla rete che le unisce, possono far valere i loro diritti. Questi concetti, al centro del sesto congresso mondiale di Slow Food apertosi ieri, sono stati espressi anche nei primi giorni del Salone del Gusto e Terra Madre, anticipando le tematiche del convegno, inaugurato con i discorsi di apertura di Dacian Cioloş, commissario europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale, e Carlo Petrini, presidente internazionale di Slow Food.
Al congresso partecipano 650 delegati da 95 Paesi, che dovranno esprimersi sui temi politici e culturali che sono alla base dell’agire quotidiano dei 1500 convivium e delle oltre 2500 comunità del cibo operanti in 130 Paesi. Questa articolata e complessa rete è chiamata a discutere e condividere visioni e progetti in grado di dare un senso compiuto al suo operare. Per la prima volta la composizione del Congresso internazionale di Slow Food è espressione di una rete mondiale, testimoniata non solo dalla moltitudine di delegazioni presenti ma anche dalla diversità di culture, di fedi, di storie individuali e collettive rappresentate da convivium e comunità del cibo. Questi temi sono stati discussi e condivisi da Carlo Petrini, presidente di Slow Food, e padre Alex Zanotelli durante il convegno Diritto al cibo: come si fa? in programma al Salone.
«È interessante – ha detto Petrini durante l’incontro – che in un periodo di crisi come quello attuale, il cibo sia relegato nell’opprimente contesto ludico della tv. Questa non è gastronomia, è pornografia alimentare. Il cibo ha perso valore, è diventato merce. Occorre invece tornare a un approccio olistico, e per fare questo bisogna ascoltare le quattro categorie da cui possiamo imparare tanto e che invece sono relegate ai margini della società: donne, anziani, contadini, indigeni».
Padre Zanotelli, ex missionario che oggi lavora a Napoli, rimarcando l’importanza politica di Terra Madre ha esordito affermando: «Non aspettiamoci più nulla dall’alto, adesso tocca a noi. L’economia di uguaglianza, l’equa distribuzione dei beni, sono valori presenti nella religione ebraica come in quella cristiana e il fatto che solo adesso si parli di diritto al cibo è scandaloso. La politica finora ha fallito perché in balìa dei potentati economici, delle multinazionali. Nella guerra contro i poveri, ha vinto la finanza. La povertà è creata, la fame è voluta: le persone non muoiono di fame, vengono ammazzate di fame. Se penso a quanti soldi vengono spesi per gli armamenti: 1740 miliardi di dollari nel mondo, 26 dei quali solo in Italia, e per proteggere cosa? L’attuale sistema di vita».
Il sistema in atto è quello che consente, tra l’altro, la pratica del land grabbing, soprattutto in Africa: governi e multinazionali che acquistano grandi terreni per produrre biocarburanti e alimenti destinati esclusivamente all’esportazione. Per Zanotelli, la politica è fondamentale: se Slow Food e Terra Madre riuscissero davvero a riunire tanti soggetti diversi ma legati da una visione comune, tutti insieme potrebbero spingere per cambiare le cose come una sorta di lobby virtuosa.