Il colloquio di lavoro è un argomento che suscita l’attenzione di molte persone ed è una delle parole chiave più cercate su Google. Ogni settimana nella casella di posta della redazione di Cultura & Culture arrivano decine di e-mail con curriculum e lettere di presentazione, alcune ben scritte, altre che lasciano a desiderare. La segreteria legge i curricula e mi segnala i candidati che sono più in linea con la nostra mission. Non riusciamo a rispondere a ogni richiesta e vorrei farlo, dopotutto anch’io mi sono trovata dall’altra parte della barricata, con sogni a volte infranti e capisco cosa si prova; riconosco nel volto contratto degli aspiranti collaboratori quella frustrazione che si avverte quando vorresti e non riesci. Anch’io molti anni fa sono stata ferita nel mio orgoglio, spesso anche umiliata. Ho lavorato sodo, fuori e dentro qualche redazione, e non me ne sono mai pentita, perché il giornalismo per me è Vita! Chi mi ha offerto una possibilità ha tutta la mia gratitudine, nonostante io sia stata delusa da azioni e parole che poi si sono rivelate utili per me. Ebbene, oggi che mi trovo dall’altra parte della scrivania – c’ero stata già in un’altra sede – vedo situazioni, modi di fare, atteggiamenti. Viviamo nella società del tutto e subito, delle emozioni represse, della mancanza di fiducia totale a prescindere e senza un’adeguata verifica. Le tipologie di candidati durante il colloquio di lavoro sono varie. C’è il timido, c’è l’ansioso, c’è il rabbioso, c’è il presuntuoso, c’è il lungimirante, c’è colui o colei che ha la risposta sempre pronta. C’è chi t’interrompe di continuo e c’è chi ti dà del tu, come se fossimo grandi amici solo perché magari siamo coetanei. C’è poi chi ti racconta la sua vita, i suoi vissuti, le sue peripezie, addirittura i suoi problemi familiari come se fossimo dallo psicologo. E c’è chi teme che tu voglia sfruttarlo e di conseguenza in ogni momento mette in mezzo il denaro. E le competenze che vanno testate? In genere si tratta di persone che hanno pochissima esperienza, perché chi veramente lavora da anni ha tutt’altro modo di fare.
Il colloquio di lavoro è una cosa molto seria. Lo è negli Stati Uniti come in Italia. Lo è a Milano come ad Avellino. Avere le idee chiare è il primo passo. L’amore per il settore nel quale si vuole lavorare è alla base, perché, per ottenere dei risultati tangibili nel tempo, ci vogliono le competenze specifiche, la dedizione e una grande voglia di esprimere il proprio talento. Niente è facile. Niente è difficile in assoluto. Tutto è possibile ma ci vogliono impegno e passione. Mi viene in mente a tal proposito una sequenza di “Tu, io e Dupree”, un film del 2006, nel quale il protagonista proprio durante un colloquio di lavoro non fa altro che parlare di ferie. Ebbene, questa è un’altra preoccupazione di molti candidati: il tempo libero. Una grande priorità tanto che un collega mi ha riferito di avere avuto problemi con un paio di aspiranti redattori, proprio il primo giorno di prova. Qualcuno gli aveva chiesto il permesso di assentarsi per diversi giorni perché doveva «sbrigare altre faccende», senza nemmeno sapere se sarebbe stato assunto. Lui si è messo a ridere e ha liquidato il candidato. Capita anche questo ahimè!
Chi sono i responsabili? Non lo so. Non ho la verità in tasca e rischierei di cadere nella trappola dei luoghi comuni e delle frasi a effetto. Penso che la responsabilità sia condivisa tra scuola, famiglia e società in genere. Credo che manchi comunque un’educazione al lavoro sia tra i dipendenti sia tra i datori. E proprio per questo ho compilato una lista per i candidati, mia grande priorità per i motivi che citavo a inizio articolo. Ecco le cose da fare durante il colloquio di lavoro. Dieci regole semplici che nascono dalla mia esperienza.
- Presentarsi al colloquio con abbigliamento idoneo, in genere camicia e giacca scura per l’uomo; un tailleur scuro per le donne;
- Mai dare del tu al selezionatore;
- Massima puntualità, non arrivate né troppo in anticipo e neanche dopo l’orario stabilito;
- Rispondete alle domande in modo chiaro, senza tergiversare, e con intelligenza;
- Fate le domande giuste;
- Non fate commenti negativi sull’azienda;
- Siate umili, ben educati e propositivi;
- Siate motivati e sicuri delle vostre competenze/obiettivi, ma non siate arrabbiati né saccenti (la rabbia se trasformata in creatività è utile ma va espressa al momento giusto e nelle sedi più opportune come anche altre emozioni che consideriamo erroneamente negative);
- Dimostrate di avere le idee chiare e di conoscere l’azienda, ciò che offre e come si muove nel suo ambito;
- Dimostrate di amare il vostro settore di competenza e siate professionali.