Stavo redigendo il planning mensile per il sito quando ho ripensato alla mia vita e a come è cambiata nell’ultimo periodo. Con un bambino di pochi mesi, le mie giornate non sono più quelle di prima perché il tempo scorre più velocemente; mentre lui dorme cerco di barcamenarmi tra le faccende domestiche, che sono cresciute a dismisura, e un lavoro in proprio (quello di giornalista/naturopata) che richiede molta inventiva e un perenne aggiornamento. Sono nata curiosa e quindi se non studio e se non mi documento sto davvero male. A tutto questo si aggiunge l’allattamento che è impegnativo. Allattare ti prosciuga e richiede energie sempre nuove ma è allo stesso tempo un profondo atto d’amore senza il quale non avrei potuto instaurare una relazione di fiducia con il mio bambino, perché devo ammettere che Madri non si diventa con il parto (naturale o cesareo che sia) bensì con l’esperienza, ora dopo ora, istante dopo istante, sbagliando, tentando e ritentando ancora. E nel frattempo speri di non essere una mamma di serie B per quegli errori che commetti e che qualcuno a volte ti fa notare con poca delicatezza. In realtà ogni giorno tramite l’osservazione e l’ascolto impari una cosa nuova di quell’esserino che hai tra le braccia, il quale è unico e nessun altro essere umano potrà mai dirti come fare con lui. Quell’esserino che senza di te non potrebbe sopravvivere.
Ho imparato tanto in queste settimane sull’allattamento e molto altro devo ancora apprendere. Ho letto libri, in particolare i primi tempi, sfogliato riviste, sentito pareri, consultato un’esperta ma niente mi ha aiutato quanto l’esperienza e l’ascolto del mio corpo. Ho notato per esempio che, prima ancora che Emanuele cominci a piangere, il mio seno si indurisce e il latte scende. Ho notato che lui mi guarda negli occhi e certe volte se mi vede distratta mugugna per attirare la mia attenzione. Poi ho scoperto che il mio sguardo gli dà fiducia e che le mie mani lo sostengono mentre apprende nuove cose.
Ho capito che gli piace essere massaggiato e che tramite l’olfatto conosce il mondo. Molte cose devo ancora scoprire di mio figlio che, crescendo oltre a cambiare fisionomia, acquisisce nuove competenze. Grazie alla lettura ho imparato che il pianto del bambino è una comunicazione da ascoltare e da apprendere. Il neonato, infatti, non piange solo per fame o perché il pannolino è sporco o ancora perché ha sonno; il suo pianto segnala pure un bisogno di affetto e di interesse che sono indispensabili per la sua crescita.
Per esempio in un meraviglioso articolo della rivista Uppa, a firma del pediatra Costantino Panza, intitolato La nascita del pianto, si legge che “la nostra specie è vissuta sempre in condizioni radicalmente differenti da quelle a cui oggi bruscamente cerchiamo di adattarci. Il bambino per centinaia di migliaia di anni ha avuto tutto il tempo per selezionare il miglior modo di sopravvivenza in un mondo naturale dove le cure prossimali (accudire il proprio bimbo tenendolo sempre vicino a sé) erano la regola”. Il pianto è stato dunque lo strumento di comunicazione che il bambino ha usato per la propria sopravvivenza in un contesto estremamente pericoloso dato che l’essere umano è fisicamente più debole di molte altre specie. Tutto ciò oggi non vale più. Il pianto è diventato un problema da risolvere, una malattia da curare.
Oggi si sanno molte cose sui neonati però purtroppo queste non sono di pubblico dominio. Per esempio si è scoperto che le cellule del bebè sopravvivono per molti anni nel corpo della madre che riesce così a cogliere immediatamente i bisogni del suo piccolo. Si crea, quindi, empatia tra mamma e bambino. Stupendo, non trovate? I padri, però, nei primi mesi hanno il gravoso compito di accompagnare e sostenere questo processo, senza sostituirsi alla mamma, così come i parenti.
Penso dunque che solo ascoltando ciò che il corpo comunica nasca davvero una mamma. Il consiglio che posso dare, dunque, alle neomamme e a quante stanno per partorire è questo: siate voi stesse e cercate il vostro centro, non assecondate le mode e non fatevi forviare da ciò che l’opinione corrente vi dice solo per omologarvi. Nel caso dell’allattamento per esempio sono pochissime le donne che non hanno latte e più allattate più il cervello produce prolattina che, insieme all’ossitocina, favorisce la lattazione. Inoltre posso assicurarvi che l’informazione è importante, vitale quasi, però da sola serve a ben poco.
Io non so che tipo di mamma sarò con gli anni, spero di essere come una lupa che, dopo aver accudito i suoi figli guidandoli nel mondo, sa farne a meno. Spero di non essere una mamma perfetta ma la mamma giusta per le caratteristiche del mio bambino. Mi auguro di saper cogliere le sue peculiarità, che non sono certo le mie, e di saperle valorizzare perché egoismo e maternità non vanno mai a braccetto.
(Articolo della dott.ssa Maria Ianniciello, naturopata e giornalista pubblicista (nella foto in alto con il suo bambino, ndr) per saperne di più seguila sui social. Su Instagram @maria.ianniciello