La comunicazione verso il grande pubblico è un’attività da cui gli scienziati non possono prescindere: quasi l’80 per cento dei fisici italiani ha avuto negli ultimi tre anni almeno un’esperienza di divulgazione. È quanto risulta da un’indagine dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr), commessa ‘Comunicazione della scienza ed educazione’ (ComeSe), in collaborazione con il Centro interuniversitario Agorà scienza di Torino che sarà presentata domani presso l’Area di ricerca del Cnr di Milano. L’indagine ha riguardato 5.335 ricercatori: 2.353 universitari, 1.500 attivi presso il Cnr, 832 presso l’Infn e 650 all’Inaf, con risposte che hanno superato il 40 per cento dell’universo intervistato. Si è svolta tramite metodologia Cawi (Computer-Assisted Web Interview) e ha riguardato modalità, obiettivi, target delle attività di comunicazione e relazione tra scienza e società.
Ma perché intervistare proprio i fisici? «All’interno del panorama scientifico italiano è una comunità unitaria e con forte senso di appartenenza, che si è sempre confrontata con la comunicazione», dichiara Adriana Valente, ricercatrice dell’Irpps-Cnr che ha realizzato l’indagine insieme a Loredana Cerbara, Sveva Avveduto (Irpps-Cnr) e Alba L’Astorina dell’Istituto per il rilevamento magnetico elettromagnetico dell’ambiente (Irea-Cnr). «E che sin dall’uso del nucleare a scopo militare si è trovata a dover affrontare la questione dell’impatto della scienza sulla società».
I ricercatori privilegiano due modalità di comunicazione: incontri in conferenze, festival e mostre e attività di formazione rivolte al mondo della scuola. «All’Infn e all’università queste ultime sono la forma prioritaria, cui partecipa circa la metà degli intervistati. Cnr e Inaf prediligono eventi come la Notte dei Ricercatori per il 55 per cento al Cnr e per il 62 per cento all’Inaf – prosegue Sveva Avveduto, direttore dell’Irpps – Le attività tramite stampa e media si posizionano al terzo posto, seguite da interventi via internet come blog, forum o newsletter. All’ultimo posto dibattiti e confronti diretti a società civile, politici, amministratori, imprese, che oscillano tra il 10 e il 20 per cento».
Qualunque sia la modalità scelta, gli intervistati si occupano di divulgazione a titolo prevalentemente volontario. «Circa il 60 per cento ha organizzato un evento e oltre l’80 per cento vi ha partecipato in maniera spontanea e senza alcun supporto finanziario – precisa Alba L’Astorina -Inoltre circa il 90 per cento non ha mai frequentato un corso di formazione in comunicazione, che la stragrande maggioranza riterrebbe utile». Quasi tutti i ricercatori intervistati sono consapevoli della complessità del linguaggio scientifico, specie della fisica, e dichiarano di prestarvi attenzione.
Ma quale aspetto dell’attività scientifica sarebbe particolarmente utile comunicare? Nessun dubbio per la maggioranza dei fisici dei quattro enti: il metodo scientifico e la visione del mondo che ne consegue. Al secondo posto le ricadute pratiche e sull’economia (32,55 per cento), opzione che al Cnr raggiunge il 40,8 per cento dei consensi. Agli ultimi posti il lavoro quotidiano del ricercatore e il carattere internazionale della scienza.