Si parla tanto di comunicazione efficace eppure siamo nell’epoca dell’incomunicabilità dove abbondano le frasi preconfezionate ed omologanti. Le parole che ci diciamo sono, in realtà, molto importanti perché, come si legge nel numero di aprile 2016 della Rivista Riza Psicosomatica, la salute del cervello e del corpo dipende dal nostro linguaggio. Come mai? Che cosa accade nel cervello quando ci parliamo in una determinata maniera usando sempre le stesse parole?
Il modo in cui comunichiamo (in questo caso mi riferisco al linguaggio verbale) influenza la chimica del cervello condizionando la nostra vita e rallentando così il processo creativo. Dunque, ci sono parole stimolanti e parole demotivanti che impongono atteggiamenti artificiali inquinando la mente.
La comunicazione per essere efficace si deve poggiare su alcuni capisaldi. Comunicare bene vuol dire innanzitutto usare le parole in maniera corretta perché una comunicazione autentica parte prima di tutto da sé e, quindi, l’esterno è soltanto il riflesso di ciò che abbiamo dentro: buoni propositi (sì, avete letto bene), rimpianti, apprensioni costanti, la continua ricerca delle cause dei propri problemi, le autocritiche e il timore del giudizio altrui sono tutti stati che ci rendono artificiosi, poco spontanei e ci ingabbiano in un flusso di parole autolimitanti.
Ci sono dei termini che andrebbero aboliti come sempre e mai… Di recente ho notato che si tende a pronunciare spesso la parola preoccupazione, anche per dare un nome a tutto ciò che ci impensierisce facendoci vivere in uno stato di allerta costante che, tuttavia, esiste solo nella nostra mente. Eppure basterebbe cambiare un termine per modificare approccio. Tante volte si etichetta la paura che nella nostra società non è contemplata eppure, siccome questa emozione è atavica e caratterizza pure gli animali, non è saggio scacciarla perché quanto più vogliamo apparire forti tanto più la paura si trasforma in panico per ricordarci che in Natura, e di conseguenza anche dentro di noi, non esiste solo la forza ma anche il suo opposto: la debolezza. Quest’ultima contribuisce, a livello psichico, alla nostra evoluzione.
La paura ha un suo motivo per esistere. Gli antichi davano alle emozioni sembianze divine proprio perché sapevano che erano importanti e, infatti, sono delle energie psichiche a cui dobbiamo portare rispetto. Come ho sottolineato all’inizio dell’articolo, spesso parliamo per frasi fatte ma, cambiando il nostro vocabolario e prestando attenzione alle parole che usiamo, modifichiamo anche la chimica del cervello. Le parole generano delle immagini nella nostra mente trasformandosi in stati d’animo che creano la nostra realtà esterna.
Le giuste parole hanno addirittura la capacità di calmarci inducendo uno stato di benessere attraverso il rilascio di sostanze che attraversano tutto il nostro corpo perché psiche e soma sono un tutt’uno ed è un’abitudine errata e tipicamente occidentale (risale a Cartesio) quella di voler dividere il corpo dalla mente. Se fai un pensiero disturbante, che magari ti produce disagio, è facile che i tuoi muscoli si irrigidiscano e il tuo ritmo cardiaco aumenti. Il fisico reagisce ai tuoi pensieri e già questa è la prova che non siamo scissi.
Si è visto, inoltre, che i mantra (anche quelli cristiani come il Padre Nostro per esempio o meglio ancora l’Ave Maria recitata in latino) inducono uno stato di quiete visibile con un semplice elettroencefalogramma. Le onde Alfa, nello specifico, sono legate al rilassamento e creano un enorme beneficio al nostro organismo dato che rafforzano il sistema immunitario, ci tranquillizzano, abbassando il battito cardiaco, migliorano l’umore e la memoria e stimolano il processo di apprendimento. Insomma, le parole (non sono altro che suoni dopotutto a cui diamo un significato) se utilizzate bene possono contribuire a migliorare il rapporto che abbiamo con noi stessi e con gli altri, rendendo la nostra comunicazione efficace perché autentica.
Dott.ssa Maria Ianniciello, naturopata e giornalista pubblicista