Coronavirus e il mostro da sbattere in prima pagina
Quando Pilato dovette decidere chi mettere in croce tra Gesù e il ladro, chiese al popolo di scegliere che gridò: “Barabba!”. E` il popolo che sceglie o sono i poteri forti che scelgono per il popolo? E come fanno i poteri forti a condizionare le masse? Forse attraverso l’informazione manipolata o falsata?
Con i social potrebbe essere ancor più semplice: si lancia un dibattito su un determinato argomento e si vede come reagiscono le persone tramite i commenti che sono pubblici. Poi, sulla base delle reazioni, che suscitano nell’opinione pubblica determinati post, si decide.
Sono stati fatti in questo modo tanti processi mediatici e il mostro è stato sbattuto in prima pagina più e più volte. L’opinione pubblica ha messo in croce colui che pensava fosse un mostro, solo perché alcuni glielo avevano fatto credere. Che il presunto mostro di inizio 2020 non sia proprio il Coronavirus? Non è dato saperlo, adesso! Ai posteri l’ardua sentenza.
Non tutti i morti sono uguali…
Come è accaduto per altre emergenze nazionali, anche in questo caso il Sistema Italia non ha retto. E non regge il sistema sanitario nazionale, già al collasso da qualche decennio. Infatti, l’edizione di Milano de Il Corriere della Sera titolava il 10 gennaio 2018: Milano, terapie intensive al collasso per l’influenza: già 48 malati gravi, operazioni rinviate. E, affinando la ricerca, si trovano altri esempi del genere. Come questo pezzo dell‘Ansa.
Il Censis il 13 giugno 2019 scriveva di lunghe liste d’attesa negli ospedali pubblici, affermando che 19,6 milioni di italiani erano costretti a pagare di tasca propria per ottenere prestazioni essenziali prescritte dal Medico.
La sanità era già al collasso…
La Sanità era al collasso già prima del Virus ma i morti, per l’incapacità di un sistema inefficiente, non facevano notizia come oggi. E non perché la situazione sia più grave. Certo il Coronavirus, a detta degli esperti, richiede un maggiore supporto medico, soprattutto in chi già ha una salute cagionevole, e questo è innegabile. Ma bisogna ammettere che, per l’informazione manipolata o falsata, il ferro si batte quando è caldo. E adesso è molto bollente.
I problemi della Sanità italiana erano quindi poco considerevoli per la grande informazione che mai come in questo caso si sta mostrando in tutta la sua incongruenza. Il peggio è che le informazioni vengono distorte o addirittura falsate, con fotografie di altri periodi (come nel caso delle bare di Lampedusa fatte passare per feretri di Bergamo). Si opera sul sensazionalismo per suscitare scalpore, ira e soprattutto paura.
Le fotonotizie in questo modo, poco etico, diventano virali e condizionano la massa influenzando così le scelte politiche. Si tratta di un circolo vizioso. La storia del giornalismo, dopotutto, è piena di episodi di falsificazione del soggetto. Basti pensare alla fotografia che ritrae i marines che issano la bandiera americana sull’isola di Iowa Jima durante la seconda guerra mondiale. Il fotografo Joe Rosenthal ricostruisce la scena, perché non era sul posto. Oppure come accade nel 1991, quando Carlo si finge baby camorrista napoletano per 50mila lire.
Coronavirus. Un meccanismo perverso…
Il meccanismo è questo: si scova la notizia, cercando di capire ciò che fa tendenza in un determinato periodo, e poi si fa di tutto per avvalorare l’ipotesi. Non c’è nulla di scientifico in questo metodo, nulla di razionale. Tutto è basato sulle sensazioni… sulle percezioni. Perché lo si fa? Per creare emozioni forti. Per stare sul pezzo. Per far diventare quanto più virale un link.
Per i più maliziosi, il fine è quello di condizionare l’opinione pubblica che pensa soprattutto con la pancia e non con la testa. E, quindi quando ti dicono che una persona è morta per (e non con) il Coronavirus, fatti furbo. Respira e poi vai oltre il titolo, vaglia le fonti, utilizza la testa e soprattutto leggi l’articolo per intero. Approfondisci, quindi, la notizia, perché la ricerca del mostro da sbattere in prima pagina è ossessiva, soprattutto nell’epoca del Coronavirus.