Da ieri e fino a questa mattina l’opinione pubblica italiana si è concentrata sulle difficili operazioni di recupero della Costa Concordia, naufragata a largo dell’Isola del Giglio il 13 gennaio 2012, lasciando increduli ed esterrefatti gli italiani, e non solo, che probabilmente con la stessa incredulità hanno assistito al raddrizzamento del relitto che piegato su stesso, immobile, giaceva nelle acque del Mediterraneo. Il rischio d’inquinamento ambientale è stato alto, sia nel corso di quest’anno e mezzo sia durante gli interventi di ieri. A esprimere la propria soddisfazione è stato il presidente del Consiglio, Enrico Letta, che ha parlato di orgoglio nazionale e di efficienza della tecnologia italiana. E, mentre il premier guarda al presente, godendosi il meritato successo, Legambiente, pur riconoscendo l’importante traguardo raggiunto, si pone alcune domande sulle sorti della nave. L’associazione si complimenta con lo staff, con i lavoratori di Titan/Micoperi, con la Protezione Civile e con l’Osservatorio per il recupero della Costa Concordia per la riuscita della rotazione della nave, ma al contempo si chiede anche in quale porto sarà demolito il relitto che «non appartiene più a privati- sottolinea Vittorio Cogliati Dezza- presidente nazionale di Legambiente, ma è un grosso rifiuto». E, quindi, sempre secondo l’associazione ambientalista, bisognerebbe portarlo, anziché in Turchia come si era ipotizzato, in un porto italiano per evitare danni all’ambiente marino. Secondo il presidente di Legambiente, Toscana Fausto Ferruzza, «bisogna sollecitare il ministero dei Trasporti e dell’industria in modo che si proceda ad individuare il sito di smaltimento in Italia».