Se “Blackstar”, il primo pezzo svelato del nuovo disco di David Bowie, aveva già convinto e ulteriormente aumentato l’attesa per il prossimo lavoro del Duca, “Lazarus” infligge il colpo di grazia alla nostra (già logora) pazienza. Il brano, terzo nella tracklist dell’album che vedrà la luce l’8 gennaio 2016 (giorno del 69esimo compleanno di Bowie) è un’autentica meraviglia, un pezzo di una classe infinita che pur durando oltre 6 minuti (6.22, per l’esattezza) emoziona dall’inizio alla fine. Ritmo lentissimo, profonde chitarre avvolgenti, atmosfere molto cupe (l’intro potrebbe tranquillamente essere un brano dei Cure di Robert Smith): il tocco esistenzialista del genio britannico non sembra risentire né dell’età, né di alcuna ansia da prestazione. Ci mancherebbe, in effetti: di Duca Bianco uno solo, ce n’è.
E David Bowie piazza il suo personalissimo “Lazarus” all’interno di una dolorosa struttura blues, in cui elettronica e fiati diventano un unico, tracimante percorso di elusiva bellezza che non fa altro che allargare a dismisura la voglia di ascoltare “Blackstar” l’8 gennaio. Nell’attesa, comunque, mettiamo il repeat e andiamo avanti. Il cantato del fu Ziggy Stardust si ferma intorno al minuto 4. Scorrendo il testo, forse è proprio questo il punto debole del pezzo: c’è, a sprazzi, una certa poesia ma in linea generale non si resta particolarmente colpiti. A seguire Bowie introduce un lungo, bellissimo assolo di sax, una coda strumentale che progressivamente toglie anziché aggiungere, spogliando “Lazarus” di tutte le sue vesti fino a lasciare soltanto batteria e chitarra in primo piano. E infine, la sola sei corde a sprofondare nel silenzio degli ultimi secondi, a dare un volto a quel gelo percepito durante tutta la canzone.
“This way or no way”, recita il cantante all’inizio della quarta strofa. “In questo modo o in nessun modo”. Quasi 50 anni di carriera racchiusi in 5 parole. Forse è anche questo che “Lazarus” e, più in generale “Blackstar”, vuole dire: ho fatto tutto a modo mio, sempre. E, forse, sono un po’ stanco adesso. “Oh, I’ll be free […] I’ve got nothing left to lose […] Everybody knows me now […] You know, I’ll be free, Just like that bluebird”. Questi versi disseminati nel testo di “Lazarus”, se letti tutti assieme potrebbero dare l’idea di qualcuno che ha dato a sufficienza. Dopo aver già annunciato di non voler più fare tour da qui alla fine dei suoi giorni, Bowie fa venire il sospetto che si sia stancato anche di scrivere. Ovviamente noi non ci crediamo (non vogliamo crederci) e aspettiamo di gustarci i 7 nuovi pezzi di “Blackstar”. Se il buongiorno si vede dal mattino, il 25esimo lavoro in studio di David Bowie si candida già da ora ad essere uno dei migliori dischi del nuovo anno.