I Duran Duran hanno da poco pubblicato il nuovo album Paper Gods, il quattordicesimo in carriera. Protagonisti indiscussi della scena glam pop mondiale da quasi 40 anni, la band inglese continua a stupire i propri fan grazie all’incontenibile voglia di rinnovarsi e di giocare con sonorità accattivanti, senza mai dimenticare le proprie origini artistiche. Sperimentazione, qualità, passione e identità sono le parole chiave di questo nuovo progetto discografico, uscito per la prima volta su etichetta Warner. In Italia il disco è già altissimo in classifica e il primo singolo estratto, “Pressure Off”, ha conquistato subito le radio. In “Paper Gods” c’è tutta l’essenza dei Duran Duran. Ci sono esperienza e mestiere, sentimento e gusto, ma si scoprono anche dettagli che fanno trasudare una certa curiosità e una sorta di cambiamento all’interno del gruppo. Il nuovo album di Simon Le Bon e soci è arrivato, infatti, dopo un lungo periodo di lavoro: canzoni sudate e studiate nota per nota, parola per parola, non senza scontri in pancia alla band. I Duran Duran hanno scavato dentro se stessi per realizzare un disco pregno di sostanza e di storia, guardando però anche al futuro. Avrebbero potuto pubblicare brani copia e incolla del loro nutrito repertorio, guardarsi allo specchio con compiacimento, vivere di rendita e adagiarsi sugli allori. E invece i quattro di Birmingham sono andati oltre, con determinazione e coraggio: sì, perché “Paper Gods” è il miglior disco dei Duran Duran dai tempi di “The Wedding Album”. Senza ombra di dubbio. Ascoltiamo, ad esempio, la già citata “Pressure Off” e “Only in dreams”, due delle tracce più interessanti del nuovo progetto: il primo brano, che rimanda al funk di “Notorious”, vede lo zampino di Janelle Monàe su un ritornello particolarmente energico nella sua semplicità. Se “Face for today”, “Butterfly girl”, “Danceophobia” (con la partecipazione straordinaria di Lindsay Lohan nella parte del “dottore”) e “Last night in the city” (feat. Kiesza) sono tra i più orecchiabili e frizzanti del disco, “What are the chances?” (molto EDM) stravolge tutto e cambia le carte in tavola: questa è una signora canzone, che si rifà alla bellezza e alla passione di “Save a prayer”, capolavoro dei Duran Duran di inizio anni Ottanta. Può essere tranquillamente definita la miglior ballad sopravvissuta alla new wave. Il resto del nuovo album assume via via tinte più oscure e tenebrose, andando a sporcare la lucentezza del pop con pennellate dark e gotiche. Anche “You killl me with silence” suona molto forte, ma ad un ascolto più attento si nota una costruzione musicale insolita per la band. La parte finale della canzone, infatti, disorienta un po’ ma rinforza la natura art-pop dei Duran Duran. Ti aspetti che parta il rap alla Snopp Dogg, e invece arriva Simon LeBon che fa Nancy Sinatra. Geniale. Il nuovo album “Paper Gods” ha un suono contemporaneo ma fedele alle prime produzioni del gruppo. Importante il lavoro di rifinitura di produttori come Mark Ronson, Mr Hudson e Nile Rodgers, e di ospiti speciali, come l’ex-chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, John Frusciante, capace di portare un tocco di elettronica in ben tre pezzi. Ottimo anche il lavoro compiuto sui testi, come si evince leggendo quello della titletrack, frasi che raccontano, con forza e verità, la rabbia e il senso di soffocamento che bloccano le nostre esistenze, tra ossessioni e polemica. In “Change the skyline” spiccano le tastiere che accarezzano la voce di Jonas Bjerre dei Mew, così diversa e ultraterrena, ma ugualmente capace di accordarsi magnificamente con Simon Le Bon. Formidabili i cori di “Kill me with silence”, emozionante “Sunset Garage”, canzone che sembra voler gridare: “Hey! Siamo i Duran Duran, siamo ancora vivi e abbiamo ancora voglia di dire la nostra”. E meno male. Voto: [usr 4]