Ecco il batterio che risana l’ambiente

laboratorioHa un nome difficile da pronunciare. Si chiama Acinetobacter venetianus VE-C3 ed è un batterio in grado di degradare composti altamente inquinanti e tossici per l’uomo. Il suo genoma completo è stato decodificato da ricercatori dell’Itb-Cnr e dell’Università di Firenze. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Research in Microbiology. Il batterio è stato isolato nella laguna di Venezia nel 1996, vive nelle acque inquinate e ha sviluppato la capacità di metabolizzare composti come gli idrocarburi rendendoli meno dannosi per l’ambiente; questo processo, quando sfruttato dall’uomo, viene chiamato “biorisanamento”. In particolare questo microrganismo può risanare ambienti inquinati da petrolio.

«Lo studio del genoma di Acinetobacter venetianus VE-C3 – spiega Marco Fondi, ricercatore dell’Università di Firenze – fornisce importanti informazioni sui meccanismi messi in atto dai batteri per adattarsi al particolare ambiente biologico in cui vivono; permette di comprendere i meccanismi alla base del metabolismo degli alcani e dell’adesione dei batteri alle gocce di idrocarburi (come il diesel) e di resistenza ai metalli pesanti». Il genoma del microrganismo è stato, come accennato in precedenza, sequenziato da un gruppo di ricerca internazionale, coordinato da Renato Fani, associato di Genetica presso l’Università di Firenze, in collaborazione con l’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Milano. «Questo traguardo – spiega Ermanno Rizzi, ricercatore dell’Itb-Cnr di Milano – è stato possibile grazie all’utilizzo di nuove tecnologie, in grado di produrre un’elevata quantità di sequenze, che consentono di decodificare un intero genoma batterico senza informazioni genetiche a priori. Grazie ai dati genetici e genomici ottenuti, è stato possibile ampliare le conoscenze dell’intero genere batterico Acinetobacter, rilevandone l’estrema diversità, rispetto ad altri batteri che pur appartenendo allo stesso genere, sono patogeni aggressivi per l’uomo».

 

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