Editors, In Dream: l’album delle sorprese

editors-in-dream-album Il 2 ottobre 2015 è arrivato In Dream, il primo album degli Editors che ricorda solo ed esclusivamente gli Editors. Per spiegare questa frase occorre fare un riassunto delle puntate precedenti: era il 2005 l’anno in cui gli la band esordì con The Back Room, un album dark, caratterizzato da un sound new wave che fece pensare subito ai Joy Division. La potenza e la qualità del disco, fecero sì che i quattro ragazzetti poco più che ventenni attirassero l’attenzione della stampa internazionale, che subito li presentò come la risposta inglese ai ben più famosi Interpol. Passano due anni e il gruppo di Birmingham stupisce tutti con An End Has A Star che li colloca definitivamente nell’olimpo dei gruppi “impegnati e difficili”. Stavolta si mettono in risalto il volume delle chitarre, la ricerca di sonorità più complesse e profonde e una struttura musicale meno “sentita” e più personale, ma non ancora abbastanza. Il disco della consacrazione però è senza dubbio lo straordinario In This Light and on This Evening che, grazie al suo synth- pop anni ’80 (divenuto un vero e proprio marchio di fabbrica per Tom Smith e compagni), consente agli Editors di diventare un vero e proprio punto di riferimento dell’indie rock mondiale. Nel 2013, dopo l’addio di Chris Urbanowicz e l’entrata di Justin Lockey ed Elliott Williams, arriva The Wight of Your Love, grande successo commerciale, ma enorme delusione per la critica che lo descrisse come un disco privo di carattere, incapace di toccare veramente l’animo dell’ascoltatore.

Di volta in volta nel corso di questi anni gli Editors stupiscono per qualità e suono, ma vengono sempre e comunque accostati a qualcuno: prima i Joy Division e gli Interpol, poi gli U2, i Depeche Mode, i Coldplay, addirittura gli Snow Patrol. La sensazione è che la band non riesca a trovare una sonorità propria, nonostante talento ed ispirazione non manchino di certo. in-dreamStavolta però è arrivato il momento di smettere con i paragoni e iniziare a godersi un album che, seppur diverso dai precedenti, mostra chiaramente la crescita di un gruppo che nonostante i cambiamenti (molti), è riuscito a rimanere fedele a se stesso. Perché nonostante anche in In dream siano presenti i classici riferimenti, il risultato è talmente “pieno” e godibile da non poter essere ridotto a confronti semplicistici e restrittivi. Sono gli Editors, punto. Una band matura che è riuscita in piena corsa a cambiare le regole del gioco con eleganza e maestria, creando un’opera che non delude, ma appaga l’animo e l’orecchio di chi l’ascolta.

All’interno di questo quinto album, Tom Smith & Co. pongono in secondo piano le chitarrone taglienti in favore dell’elettronica e di un piano che ricorda in certi frangenti i suoni di In this light and of this Evening”; il synth-pop anni ’80 c’è ancora tutto, ma diventa più lieve grazie alla fusione con gli archi e gli strumenti acustici. L’atmosfera dark, come da tradizione, la fa da padrone sin dalla copertina, incorniciando alla perfezione la voce intensa del cantante che, sfiorando la drammaticità, arriva dritta all’animo di chi si pone in ascolto.

Il tocco di Alan Moulder si sente tutto, così come le atmosfere gelide di Crear, nel Western Highlands, che hanno fatto da cornice alla registrazione del disco, il primo tra l’altro che gli Editors hanno deciso di autoprodurre.

L’album si apre con No Harm, brano pubblicato lo scorso aprile che rispecchia a pieno la qualità dell’intero lavoro: una ballad elettronica dalla ritmica semplice, impreziosita dalla voce di Tom Smith e dal suono di synth e archi. In Ocean of Night, canzone che vede la partecipazione di Rachel Goswell, è il pianoforte a spiccare, mentre con Forgiveness si torna a quel mix tra rock ed elettronica che abbiamo imparato a conoscere.
editorsUno dei brani più convincenti è senza dubbio Life is a Fear dove l’intro della batteria si fonde con il suono delle tastiere per poi lasciare spazio alla straordinaria voce di Smith, mentre con All The Kings si torna alle sonorità post-punk dei primi due album. In Dream si chiude con Marching orders, altra traccia di gran livello nella quale le sonorità presenti all’interno del disco interagiscono tutte insieme, creando un suono pieno e convincente che non può che lasciare l’ascoltatore appagato da ciò che gli Editors gli hanno offerto.

Complessivamente In dream è l’album che non ti aspetti, ma che vorresti da una band di questo calibro, ma è soprattutto un lavoro che attraverso la diversità conferma l’identità di un gruppo che negli anni non ha (quasi) mai deluso. Non ci sono i “pezzoni” che hanno decretato il successo dei dischi precedenti, ma sicuramente c’è il fascino, il suono, la scrittura, gli arrangiamenti, di un’opera che va ascoltata e apprezzata dall’inizio alla fine. Ci sono gli Editors, quelli veri, qualsiasi cosa siano. Voto: [usr 3.5]

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto