Dopo il grande successo del musical Rugantino, che gli è valso numerosi riconoscimenti, Enrico Brignano torna al Teatro Sistina dal 27 gennaio con Evolushow. Uno spettacolo che il comico romano ha voluto dedicare alla Terra per capire se l’uomo è veramente l’essere più evoluto presente su questo pianeta. Con l’ironia e l’intelligenza che lo contraddistinguono, Brignano porrà l’accento sulle contraddizioni del nostro tempo, sull’importanza di conoscere la storia e sul ruolo invasivo della tecnologia a partire da quei selfie che dice di detestare. Partendo da un riflessione di Thomas Mann e una di Darwin passando per Dante Alighieri, Enrico Brignano si è presentato ai nostri microfoni. Ecco la nostra intervista in cui il comico si è scatenato in riflessioni di vario genere.
Che cosa dobbiamo aspettarci da Evolushow?
Voglio precisare subito ciò di cui non si parla: politica, sanità ed economia. Non voglio rovinare la serata né a me né al pubblico. Anche perché nella vita non esiste solo l’elezione del Presidente della Repubblica ma ci deve essere anche tempo e modo di divertirsi. In questo spettacolo parliamo di “noi” assoluto in un mix di sacro, profano e perfino faceto. La domanda che ci poniamo è una sola: quella dell’essere umano è stata un’evoluzione o una involuzione?
Come si sente a tornare al one man show dopo Rugantino?
Rugantino è stata per me una grande soddisfazione. E’ stato uno spettacolo che ho voluto fortemente, abbiamo vinto il biglietto d’Oro della stagione teatrale 2013-14 e siamo arrivati fino a Broadway. Meglio di così non poteva andare. Ora ritorno alla forma di spettacolo a me più congeniale.
Non pensa che molti comici italiani si adagino sulla volgarità? Crede che sia un modo di soddisfare l’esigenza del pubblico?
Io credo anche alcuni miei colleghi invece di studiare per trovare la comicità nella sfumature usino subito le tinte forti. Non bisognerebbe dare al pubblico ciò che immaginiamo che voglia anche perché dopo la risata grassa, la gente riflette sullo spettacolo ed esce dal teatro associando quel comico che l’ha suscitata alla volgarità e giudicandolo male per questo. Non bisogna assolutamente cedere al bieco compromesso della volgarità.
A chi si rivolge il suo spettacolo?
Mi piace l’idea di poter riuscire a far ridere e riflettere tutta la famiglia, dal componente più piccolo a quello più adulto. Detto ciò, immagino questo spettacolo come una sorta di lettera immaginaria ai giovani, tanto amati e viziati dai genitori come se fossero in via d’estinzione (ride, n.d.r.).
Qual è il suo messaggio ai giovani?
Io vorrei strigliare un po’ i ragazzi che credono che i loro problemi siano legati all’uso o meno del 3G e dare un alibi ai loro genitori. E’ vero che se questo è il brutto mondo in cui viviamo è colpa anche degli adulti della mia generazione ma è altrettanto vero che, come in tutte le epoche, spetta ai giovani lottare per i loro futuro come hanno fatto i loro padri e i loro nonni al loro tempo.
Si dice sempre che non esistono più i grandi autori del passato. Come fotograferebbe l’attuale situazione?
Vorrei proprio sapere come se la caverebbero oggi Totò o Eduardo al tempo dei selfie, di Instagram e dei social network. Il primo sarebbe odiatissimo visto che rifiutava di farsi fotografare se non era in ordine. Oggi il selfie non è quasi più una richiesta per un volto noto ma un obbligo. Mi hanno chiesto selfie nei momenti più impensabili, persino mentre buttavo l’umido nella raccolta differenziata. Lo ammetto: a me i selfie fanno schifo e credo che siano causa di inquinamento psicologico. Mi chiedo, per esempio, ma Belen e suo marito Stefano ce l’avranno una vita vera al di là di quella che postano su Internet?
E quindi qual è il suo rapporto con la tecnologia?
Grande amicizia ma ognuno a casa sua!
Parlando di satira, cosa ne pensa dell’attacco a Charlie Hebdo?
Quel giornale non vendeva perché faceva ridere un pubblico di nicchia. Io non sono per la censura ma per il quieto vivere. In questo senso sono dalla parte di Papa Francesco quando si schiera contro la provocazione. Non vedo la necessità di bersagliare in quel modo Maometto così come se mi risentirei se fosse presa di mira la religione cattolica. La verità è che noi occidentali non sappiamo e soprattutto non vogliamo interessarci di ciò che accade dall’altra parte del mondo perché l’unica cosa che ci è caro è la nostra economia e il petrolio.
E noi italiani come siamo messi?
Se io in Italia mi permettessi di fare uno spettacolo sulla pedofilia nella Chiesa, sul giro di prostituzione dei parlamentari e altri argomenti scomodi non lavorerei. Anzi, farei la fine di un Fabrizio Corona, condannato ingiustamente ad una pena più o meno pari a quella data a due folli come Olindo e Rosa. Scherziamo?
E in politica?
Tempo fa un noto ministro disse che con il teatro non si porta la pagnotta a casa. Io oggi, alla luce di vent’anni di successi, voglio rispondergli che, non solo con il teatro ci mangio e io e la mia famiglia ma, pagando le tasse, sovvenziono lui, il suo stile di vita discutibile, i suoi portaborse e perfino i suoi leccaculo! Chi vedrei come prossimo Presidente della Repubblica? Non vedo nessuno all’altezza del ruolo in questo momento, uno onesto, integerrimo. Forse andrebbe trovato tra quelli che raggiungono l’Italia a bordo di un gommone.
Rosa Maiuccaro