La Festa del Lavoro, che cade il primo maggio di ogni anno, è una ricorrenza che ormai ha assunto sempre più caratteristiche ludiche. Le sue origini tuttavia sono ben diverse e risalgono al 1889 quando le condizioni degli operai erano molto critiche.
La capitale francese accolse quasi per prima le richieste dei lavoratori; d’altronde la rivoluzione che cambiò per sempre le sorti dell’umanità, diffondendo principi ancora oggi punto di riferimento della società occidentale, era partita proprio dalla Francia e Parigi fu teatro il 20 luglio del 1889 di una manifestazione operaia.
I parigini pensarono a una festa per il primo maggio, mese molto significativo, giacché tre anni prima negli Stati Uniti proprio per tutelare i diritti dei lavoratori era stata organizzata una grande manifestazione che durò 4 giorni e che si concluse il 4 maggio con una vera e propria lotta tra i gendarmi e il proletariato. Morirono undici persone.
Da allora, salvo qualche interruzione in alcuni Paesi come l’Italia durante il ventennio fascista, il primo maggio è associato alla festa del lavoro in molti Stati.
Oggi si è perso il significato autentico della festa del lavoro e il primo maggio, dicevamo, è sempre più associato al divertimento. Le sue origini hanno però un sapore amaro, come ha rilevato più volte la settima arte.
Il Neorealismo italiano è forse la corrente cinematografica che più di tutte indagò sulla condizione dei lavoratori all’alba del secondo dopoguerra. Lo fece splendidamente Vittorio De Sica nel film capolavoro “Ladri di Biciclette”, riuscendo a cogliere le sfumature del periodo della ricostruzione, quando la gente letteralmente moriva di fame ed era disposta a tutto pur di guadagnarsi un misero tozzo di pane.
Lo fece con incisività pure Giuseppe De Santis con “Riso Amaro” in cui, con una straordinaria Silvana Mangano, ci si concentrò sul lavoro delle mondine nelle risaie. Negli ultimi anni la condizione dei lavoratori è cambiata: dal boom economico al Duemila la società, in particolare quella italiana, è stata sottoposta a una serie di eventi che hanno modificato profondamente la struttura del lavoro.
Flessibilità è un termine che ricorre spesso fuori e dentro le stanze della politica, troppe volte senza cognizione di causa. Efficienza e produzione sono state affiancate a parole quali sfida, obiettivi e programmi. E a farne le spese sono state la creatività e la passione, unico volano per una società più giusta e più equa perché fondata su elementi certi non modificabili dalle mode e dalle tendenze.
Ancora oggi molti sono i giovani italiani che in massa cercano l’impiego pubblico a volte con sacrifici enormi, senza forse chiedersi: ma è quello che realmente voglio fare? Mi soddisfarà? Insegnare (se si intraprende la via dell’insegnamento) è la mia missione oppure è solo un modo per aggirare l’ostacolo? Il lavoro fisso è un bene, non lo mettiamo in dubbio, ma è anche l’espressione di una mentalità rigida e antiquata se lo si cerca per pura comodità, per paura del rischio e per il terrore di deludere le aspettative di chi ti invoglia “a metterti apposto per la vita”. Dopotutto la sicurezza non esiste su questo pianeta e le opportunità offerte dal lavoro pubblico non sono illimitate.
Non vale la pena, quindi, di trovare la propria strada e tentare di seguirla? Penso di sì. Il cinema, con film tipo “Generazione 1000 euro”, ha espresso le ansie e le inquietudini dei giovani contemporanei, ma ha anche spronato i ragazzi a seguire le loro passioni con pellicole memorabili quali “L’attimo fuggente”, insegnando splendidamente l’arte di vivere.
Il primo maggio può essere dunque un momento per riflettere sulla nostra vita e sul significato della Festa del lavoro oggi, magari scoprendo vecchi talenti, passioni celate, una creatività soffocata.
Ripensare alle nostre origini, leggendo la Storia di quel periodo, potrebbe darci un motivo in più per rischiare facendoci incoraggiare dall’esempio dei tanti lavoratori che si riversarono per le strade nel diciannovesimo secolo per chiedere la riduzione degli orari di lavoro e garanzie.
Così come fecero d’altronde le suffragette, così come fecero gli operai occidentali negli anni Sessanta del secolo scorso, quando una nuova ondata di protesta cambiò dinamiche e modi di fare stantii e disonesti. Buon primo maggio. Buona Festa del Lavoro a tutti! (Maria Ianniciello)