Film horror da vedere? The Babadook

film horror da vedereThe Babadook è un film horror da vedere. Il cinema d’autore australiano strizza l’occhio all’horror intimista e con “The Babadook”, presentato al Torino Film Festival, rivisita la storia del bambino e dell’orco famelico. Il cinema ha conosciuto tante varianti dell’uomo nero, dal classico babau che compare sotto il letto o dietro gli armadi (pensiamo al più datato “Boogeyman” o al recente “Non avere paura del buio”), al malefico spettro specializzato in assalti notturni (“L’evocazione”). Il film dell’australiana Jennifer Kent, non ancora uscito in Italia, è diventato il caso “orrorifico” dell’anno, grazie ad un’estetica da brividi assicurati e ad una narrazione studiata che esplode in un finale liberatorio e apologetico. Costruito intorno ad una trama non certo originalissima che evidenzia il difficile rapporto tra una madre spiantata e un figlio iperattivo, il primo, sfolgorante lungometraggio della regista australiana, esplora i meandri nascosti della mente dei protagonisti, trasformando la tradizionale favola nera in un poliforme dramma degli affetti familiari. Dopo sei lunghi anni segnati dalla perdita del marito, Amelia, che da altrettanti sei convive col figlioletto, cerca di arrabattarsi tra fortune alterne, conducendo una vita resa instabile dalla malattia di Samuel. Il primogenito dorme poco e male la notte, sveglia la mamma all’alba, ha un rapporto difficile coi suoi coetanei e non riesce a tenere a bada la sua aggressività. Cercando di proteggerlo dagli altri e da se stesso, Amelia vive un tremendo dissidio interiore che la rende zelante e premurosa, ma anche carica di odio e risentimento per la sciagura capitatale. Una sera, cercando di fare addormentare Samuel, trova uno strano libro con inquietanti figure in rilievo e si mette a raccontare la spaventosa storia del Babadook, entità maligna che si nutre della paura umana. Impossessatosi dei due, l’uomo nero fuoriuscito dalle pagine del volume misterioso, inizia a tormentarli con incessanti apparizioni fino a che li terrà letteralmente intrappolati in casa. In una ghost story che si rispetti, o in qualsiasi film horror di impronta tradizionale, non può mancare l’antagonista iconico, fuoriuscito dalle paure dei personaggi o materializzatosi furtivamente in seguito alla recitazione di una formula rituale; nel caso di “The Babadook”, l’orrore, oltre ai tradizionali spaventi centellinati qua e là, è psicologico e si confonde con l’amore compulsivo materno e il disturbato affetto filiale. Nella casa in cui vivono Amelia e Samuel, unica location in cui è esibita la tragedia e in cui si manifestano le angoscianti apparizioni della creatura artigliomunita, la macchina da presa filma uno sciame inquieto di effetti speciali in stop-motion, stranianti proprio in virtù della loro artificiosità, accompagnati da un campionario di suoni e rumori da far accapponare la pelle. Le grida della madre, le urla del bambino sempre in movimento, la figura della zia, distante e fredda, ogni elemento interno alla narrazione, è imbrigliato in un claustrofobico grigiore di scena, intervallato dalle casuali sortite della creatura infernale che vorrebbe far impazzire madre e figlio. Il Babadook è reale o è l’incarnazione metaforica di timori ancestrali? Meglio non svelare di più della trama. Se il new horror francese si mostra più attento ad annegare nel sangue di un gore ultraviolento le storie raccapriccianti di madre e figlio, come accade in “À L’intérieur”, l’ “indipendente” Kent mira a tenere desta la suspense grazie a effetti speciali burtoniani, simboli eterni delle paure infantili, e a una precisa caratterizzazione dei personaggi che facilita l’immedesimazione nel dramma. Procedendo per allegorie e metafore “The Babadook” si configura quale nerissimo ritratto familiare che, senza infingimenti, ricrea l’estetica horror soprannaturale, ma la rovescia in continui depistaggi sentimentalistici ma non retorici, sottili ma senza pretese psicanalitiche. Dunque, un film horror da vedere. Un piccolo capolavoro di genere che ci auguriamo possa avere larga distribuzione anche in Italia.

Vincenzo Palermo

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