“Frances Ha“, la trama e la recensione del film che esce al cinema l’11 settembre 2014
Frances ha ventisette anni ed è una ballerina di New York, ma troppo spesso è costretta a “ballare da sola”. Girovaga, strampalata e quasi sempre al verde, preferisce condividere casa e confidenze intime con l’amica del cuore, Sophie, sofisticata e intellettuale, piuttosto che trasferirsi dal fidanzato gattofilo Dan. Sophie però “la tradisce” subito dopo con Patch, arrogante riccastro psico-intellettuale che la trascina in terra nipponica senza ma e senza se. L’idillio sentimentale tra le due amiche, “coppia lesbo che non fa più sesso” secondo la definizione data dalla stessa étoile mancata, naufraga malamente lasciando Frances con un enorme vuoto emotivo. Prova a colmarlo con Lev, scultore con la testa fra le nuvole conosciuto tempo prima in un disastroso post-sbornia, ma finisce col coinvolgere lui e l’amico scrittore ossessionato dal “Saturday Night Live” Benji a formare uno scanzonato trio e ad andare a vivere nello stesso appartamento a Chinatown. La vita di Frances è rocambolesca e non conosce sosta. Da Chinatown si reca a Sacramento, poi a Parigi e infine torna a Washington Eights, in un nomadismo esasperato scandito da gustosi sketch metropolitani e curiose riflessioni filosofiche. Conosciuta dagli amici come “l’infidanzabile”, al colpo di fulmine preferisce “l’istante”, attimo buffo e insieme triste in cui si consuma il potenziale innamoramento capace di isolare completamente la coppia dal resto del mondo.
Peccato che lei sia un’irredimibile bohemienne “on the road” amante della libertà più che dei legami duraturi e talvolta la vita, anziché donarle il tanto agognato posto per il ballo di Capodanno, le riserva delusioni e anche qualche schiaffo. Selezionato al Torino Film Festival nella sezione “Festa mobile”, il film di Noah Baumbach ha affascinato il pubblico in sala strappando applausi e più di una riflessione. Sfruttando la potenza evocativa di un bianco e nero nostalgico che ricorda luci e ombre della “Manhattan” di Woody Allen, il regista si inserisce nel solco della tradizione “post nouvelle vague”. Omaggio a Jean-Luc Godard e alle storie di stralunata quotidianità, “Frances Ha” è un vivido ritratto dolceamaro di una giovane donna alle prese con difficili scelte esistenziali. Fragile, disincantata e bizzarra, svolazza su marciapiedi, strade e vicoli con la leggerezza del “rond de jambe en l’air” ma con poco grazia, a causa del suo portamento goffo e dei troppi turbamenti incamerati. Sulle note sfumature pop-rock di David Bowie (Modern Love), Rolling Stones (Rocks off) e Paul McCartney (Blue Sway), Frances scruta un mondo pieno di possibilità, ma anche ostile e famelico. Guarda gli amici svanire, gli amori sfilare via come una sinfonia lontana, ma non riesce proprio a camuffare quel sorriso sincero e sbarazzino. Tagliato su misura per la bravissima Greta Gerwig, co-autrice della sceneggiatura insieme al regista e superba mattatrice della scena indie contemporanea, il film ha la vocazione da “cinema vérité” che apparteneva ai grandi maestri della nouvelle vague e la surrealtà deformante dell’ultima opera di Alexander Payne, “Nebraska”, altro spaccato di vita familiare in elegante bianco e nero, anche se dalle sfumature più ciniche e grottesche. La macchina da presa, come è successo a Kechiche con Adéle o a Woody Allen con Diane Keaton, attraverso lo sguardo innamorato del cineasta, pedina l’attrice e osserva ogni movenza, gesto e acrobazia scenica, restituendo un delizioso e raffinato “portrait of the artist”.
Trailer film “Frances Ha”: http://youtu.be/y6WP2ddjkts
Vincenzo Palermo