La recensione di “Vivavoce”, il nuovo album di Francesco De Gregori
L’idea era nell’aria da tempo. Da anni Francesco De Gregori immaginava di pubblicare un nuovo album ripescando dal suo ricco repertorio artistico brani più o meno conosciuti al grande pubblico, per dare loro linfa e luce diverse. E così è stato. Con “Vivavoce”, doppio disco uscito ieri, il cantautore romano veste di nuovi abiti musicali alcune sue canzoni del passato, senza snaturarne la bellezza compositiva, senza intaccare il significato dei testi. Ventotto canzoni di ieri che profumano di oggi, di modernità, anche se forse sarebbe meglio parlare di eternità quando si ha a che fare con il repertorio di Francesco De Gregori. Da “La donna cannone” a “Generale”, da “Alice” a “Vai in Africa Celestino!”, l’artista si diverte a sperimentare sonorità che finora non ha mai utilizzato per la propria produzione, interpellando amici e colleghi, noti musicisti e orchestre con i quali ridisegnare melodie e regalare nuove emozioni attraverso arrangiamenti inediti e preziosi.
Solitamente, quando si cerca di manipolare brani considerati capolavori, il risultato è pressoché disastroso. Succede anche ai grandi di pasticciare con il proprio materiale e di confondere originalità con mediocrità. Non è il caso di De Gregori. Il lavoro compiuto nel doppio album “Vivavoce” ha dell’incredibile. Un intervento di sottrazione, non di appesantimento. Un’operazione istintiva, naturale, volutamente costruita e portata avanti con l’intenzione di scoprire la potenza e l’energia, ma anche la dolcezza e il sentimento, che tali canzoni custodivano segretamente e ancora non avevano sprigionato.
“La donna cannone” è l’esempio lampante del capolavoro partorito da un altro capolavoro. Qui il premio Oscar Nicola Piovani torna a collaborare con il Maestro: l’unione del loro sapere, la fusione della loro genialità, ha permesso di costruire un brano più morbido, disarmante dal punto di vista emozionale. Archi, violini, pianoforte creano un’atmosfera eterea, leggera, capace di far fluttuare la voce matura e condensata di vita e di esperienze di Francesco De Gregori. Un altro duetto ben riuscito è quello nato con Luciano Ligabue sulle note di “Alice”: il rocker di Correggio non ha esitato un attimo quando Francesco gli ha proposto di prendere parte al nuovo progetto discografico. “Sono bastate poche parole tra noi. Non abbiamo avuto il bisogno di provare. Tutto è stato naturale”, ha dichiarato De Gregori. Buona la prima, insomma. I due artisti si sono capiti con un solo sguardo, ispirati dalla musica e dalle rispettive chitarre.
Oltre ad “Atlantide” (brano del 1976) e alla più recente “Un guanto” (una delle tante canzoni dedicate alle donne), Francesco De Gregori ha voluto inserire nel disco anche “La leva calcistica della classe ‘68”, canzone del 1982 contenuta nell’album “Titanic”. In “Vivavoce” tutti questi pezzi assumono una dimensione talvolta più ironica, altre volte vengono rilette in chiave country, jazzistica (come nel caso di “Natale”) oppure corale (“La ragazza e la miniera”, eseguita con Ambrogio Sparagna e l’Orchestra Popolare Italiana).
Grande assente in “Vivavoce” è “Rimmel”, canzone che lo stesso autore ritiene intoccabile, difficile da riscrivere e da riarrangiare in studio. Effettivamente il respiro melodico della versione del 1975 è impossibile da riproporre o da alterare. Ma non è da escludere che in futuro, in un prossimo progetto, De Gregori vi rimetta mano e la ripresenti capovolta. Presente, invece, una bellissima cover di “The Future” di Leonard Cohen, qui intitolata “Il Futuro”: un brano che tornava per le mani e nei pensieri di De Gregori troppo spesso negli ultimi anni. Un obbligo, dunque, inciderla. Altro omaggio, anche se meno evidente, a Bob Dylan con la nuova versione di “Buonanotte Fiorellino”, pezzo che ben si sposa con le sonorità dylaniane (di cui Franscesco è vero fan). “Vivavoce” ripropone, inoltre, “Il bandito e il campione”, canzone scritta dal fratello del cantante, così come “Viva l’Italia”, stravolta da un coro che richiama la tradizione popolare, soprattutto sarda, e che assume un significato ancor più intimo e profondo visto il momento storico in cui stiamo vivendo.
Il nuovo album “Vivavoce” ci trascina in un’appassionante caccia al tesoro tra le citazioni e non solo: nel nuovo disco è “presente” l’amico Lucio Dalla, con il quale Francesco De Gregori ha più volte collaborato, anche poco prima della scomparsa dell’artista bolognese (affascinante il riff di “Come è profondo il mare” abbinato a “Santa Lucia”). Importante e suggestiva anche la ricerca di immagini e di ricordi che scorrono e fotografano momenti di ieri e di oggi. Frammenti di vita vissuta che appartengono non soltanto al Principe, ma a tutti noi, generazioni diverse di donne e di uomini che hanno amato e amano le sue canzoni, capaci di stupire grazie alla complicata semplicità con la quale il Maestro continua a raccontare e a raccontarsi.
Silvia Marchetti