Jean Dujardin e Gilles Lellouche, coppia goliardica di “Infedeli” nel film a episodi del 2012, si ritrova nella soleggiata Marsiglia per un “guardie e ladri” à la française, al cinema dal 26 marzo. Il trailer del film French Connection, la trama e la recensione.
Voto: [usr 3.5]
French Connection non è il remake della pietra miliare di William Friedkin, con cui condivide solo il titolo e gli scontri tra piedipiatti e cartelli internazionali dell’eroina. Il regista Cédric Jimenez, alla sua opera seconda, gira nella calda Marsiglia arroventata dal sole e dalle rivoltelle di gangster, spacciatori di professione e giudici incorruttibili. Rispetto al capolavoro del 1971 in cui il centro vorticoso dell’azione era la sovraffollata New York e le partite di stupefacenti arrivavano direttamente dalla Francia attraverso un sistema invisibile incarnato in Alain Charnier (Fernando Rey), qui “La French” è una rete clandestina che gestisce il racket dell’eroina e di cui si restituisce ogni logica e ogni “sporca” sfumatura, attraverso capillari operazioni di import-export che fanno capo al sud transalpino. Al comando del cartello c’è Gaëtan Zampa (Gilles Lellouche), pericoloso boss del narcotraffico, dall’altra parte della barricata Pierre Michel (Jean Dujardin), giudice che passa, per mano del procuratore distrettuale, dal tribunale dei minori all’anticrimine mettendosi immediatamente sulle tracce del pericoloso leader. Innamorati entrambi delle proprie mogli e dei rispettivi figli, ingaggiano una lotta senza quartiere che finirà in tragedia, come insegna la storia recente raccontata sui libri; il film di Cédric Jimenez è infatti tratto da una vicenda reale. Ambientato nella Marsiglia del 1975, racconta le gesta dell’intrepido giudice che riuscì a mettere in scacco uno tra i più influenti e rappresentativi capi dello spaccio di droga affiliato alla French Connection, organizzazione criminale attiva nelle esportazioni massicce di cui è stato leader indiscusso. Nonostante si percepisca, nella struttura narrativa, così come nella scelta della fotografia dai toni caldi come le terre battute dal sole, un certo manierismo che imprime l’estetica tradizionale del polar anni Settanta, la pellicola è ben scritta e, soprattutto, ottimamente interpretata dal duo Dujardin-Lellouche e da comprimari che non sono semplice contorno (tra questi Céline Sallette, la Julie di Les Revenants e Benoît Magimel). Diversamente dal Braccio Violento della legge incarnato dal truce Jimmi Doyle nel già citato French Connection datato 1971, qui il magistrato incrollabile è un ex giocatore d’azzardo che avanza nella sua indagine cercando di tagliare quanti più tentacoli possibili alla piovra fuorilegge, spinto dall’esaltazione febbricitante per la vittoria finale. Ossessionato dalla sua missione, non esita a mettersi in discussione di fronte alla procura o con colleghi e superiori, perché il suo unico scopo è trovarsi vis a vis con Zampa, il “reggitore dei fili” a capo della infinite marionette sguinzagliate per la città. La caccia all’uomo è infatti calcolata, estenuante, frutto di strategie di intelligence e mosse azzardate, come nell’unico “scontro” fisico tra i due che, col sole in fronte, si scambiano saette con gli sguardi infuocati, monito della guerriglia urbana pronta a scatenarsi da lì a poco. La veste patinata che fa di French Connection un crime movie vecchio stampo (classico) non scalfisce una ricostruzione filologica e storica senza pecche, attenta al dettaglio (dalla zampa dei pantaloni alle auto d’epoca, dai filmati d’archivio agli interni vintage) e alla psicologia dei personaggi, incorniciati in forme rigorose che non esitano a sciogliersi quando i familiari sono minacciati dal loro stesso potere, al riparo della giustizia per Pierre, fuori dalla legge per Zampa. Pedinati dalla macchina a spalla, marchio indiscusso del neo-polar transalpino (l’ultimo degno di nota è stato Una notte di Philippe Lefebvre) e svelati da una luce (solare) che non inganna, la “guardia e il ladro” non possono sfuggire al loro destino e sembrano quindi reificarsi nella stessa terra marsigliese, spazio/tempo irriducibile che li inghiotte in un teatro tragico in cui le esalazioni da arma da fuoco si alternano a dialoghi dallo spessore intimista. French Connection guarda all’intera storia del poliziesco costruendo, su uno scenario criminale ambiguo, la mappatura fisica ed emozionale che mescola e confonde lecito e illecito, responsabilità e moralità, bene e male.
Trailer del film French Connection
Vincenzo Palermo