Gianluca Grignani a Milano per l’uscita del nuovo album “A volte esagero” parla del disco e del suo significato. La recensione dell’album, che comprende il singolo “Non voglio essere un fenomeno”, canzone per canzone.
Sono trascorsi tre anni da “Natura Umana”, il suo ultimo lavoro discografico. In questi lunghi mesi, Gianluca Grignani ha rivoluzionato la sua vita professionale, lavorando soprattutto su se stesso per liberarsi dalla paura di raccontare la realtà senza freni e per decidere da che parte stare. Oggi lo ritroviamo con un nuovo album di inediti, in uscita il 9 settembre per Sony Music, il cui titolo la dice lunga sul suo approccio alla vita e alla musica.
“A volte esagero”, decimo disco in quasi venti anni di carriera, contiene dieci tracce, tra cui la hit “Non voglio essere un fenomeno”, nella quale collabora con il grande chitarrista Michael Thompson. Dieci canzoni rock, prodotte e arrangiate insieme ad Adriano Pennino, cariche di energia e di passione, ma anche ballad commoventi in cui canta l’amore in tutte le sue sfumature.
“A volte esagero ha avuto una gestazione di due anni – spiega Grignani – E’ nato tra San Colombano, dove vivo con la mia famiglia, e Ponte di Legno, in montagna. Ero arrivato a un punto nel quale sentivo la necessità di cambiare, volevo uscire dalla gabbia dorata di casa mia per dire finalmente tutto quello che penso. Ho ricominciato così a frequentare la strada, dove mi sono trovato a mio agio, a stretto contatto con la gente vera. Ho scritto storie che ho scoperto essere ancora le mie. Ad esempio in “A volte esagero” dico “Fratello di strada, sono sicuro che tu mi capisci” rivolgendomi ad un mio caro amico, operaio Enel, un gran lavoratore che si alza presto la mattina e fa tanti sacrifici. Dopo aver trascorso del tempo con lui e con tante altre persone, sono tornato a casa ispirato e ho scritto il pezzo”.
La title track è solo una delle tante storie narrate da Gianluca, immerso come tutti nella moltitudine, nel tentativo di sopravvivere in una società che aliena l’individuo, lo shakera e ne distrugge i sogni. Dopo l’apertura, affidata al singolo “Non voglio essere un fenomeno (brano che ha conquistato subito le radio e scalato le classifiche di vendita), l’album prosegue, infatti, con “L’Amore che non sai”, la canzone d’amore per eccellenza, completa e commovente, dedicata alla moglie e ai “quattro dei diamanti più splendenti che nel buio sono luce”, ovvero ai suoi figli. Un brano particolare, con un inciso che scoppia nel rock ma ricco di armonia melodica (come costruzione ricorda “L’Allucinazione”, vecchio successo dello stesso Grignani).
E poi la già citata “Il Mostro”, in cui parla di droga, nella quale emerge un altro grande assolo di chitarra, quello di Alberto Radius, e la splendida “Madre”, fotografia di vita vissuta, di passato e presente che si incrociano tra ricordi e sentimenti contrastanti. Poesia e malinconia, invece, fanno da sfondo all’incantevole ballata “Come un tramonto”, che segue l’anarchica e disillusa “L’uomo di sabbia”.
“Non ho mai parlato così tanto di me stesso parlando degli altri – confessa il cantautore 42enne – Racconto molte storie, non solo mie, ma che sono anche mie. Ad esempio molte persone mi dicono di riconoscersi in “Madre” per motivi diversi. Credo che il mio nuovo disco sia un grande manifesto generazionale, non solo per la mia generazione, ma per quella che è venuta prima e quella che verrà dopo. “A volte esagero” è la valvola di sfogo di una società che ha visto i propri sogni non realizzarsi. Ho pensato molto a “Working Class Hero” mentre la scrivevo, per la concezione del pezzo”. Dopo “Maryanne”, storia di una ragazza madre, alle prese con un destino che non è più un gioco, ecco “Fuori dai guai”, un profondo viaggio dentro se stessi, nella quale Grignani cita il suo primo grande successo, datato 1994: “La mia storia tra le dita”. “C’è l’autocitazione perché mi piace l’idea di una continuità, di concept album– precisa l’artista milanese – E’ un mio vezzo”. In effetti “A volte esagero” può essere considerato l’ultimo capitolo di una trilogia temporale di album. Di sicuro è il lavoro che più soddisfa il cantautore, anche per l’enorme sforzo che è servito per realizzarlo: “Londra, New York, Roma. Il disco ha preso vita negli studi di queste grandi città. Ho investito molti dei miei soldi nel progetto. Ho messo sul tavolo tutto ciò che avevo per farlo esattamente come lo volevo io. Il budget di base ovviamente c’era ma non bastava a soddisfare le mie esigenze. Ho detto alla mia casa discografica (con la quale ha prolungato di altri due anni il contratto, ndr) che era il momento di cambiare. Mi sono imposto di prendermi il tempo necessario. E ne è uscito un album in cui mi sento davvero libero”.
Un disco dalle sonorità ruvide e che sembra suonato dal vivo. Un album che esce direttamente dal cuore di chi lo ha realizzato, coraggioso, intenso e liberatorio. Una sorta di “Rivoluzione serena”, come recita il titolo di una delle tracce contenute, sintesi concettuale della filosofia di Grignani. “Il mio amico e collaboratore Marco Lodola mi ha dato l’imput per fare il passo. Mi ricorda sempre che sono un artista e, in quanto tale, non devo preoccuparmi troppo, devo soltanto sentirmi più libero. Anche se a volte esagero”, ironizza Gianluca.
Ma chi sono i fenomeni di cui parla nel disco? “Non faccio nomi ma ce ne sono tanti e non solo nella musica. Un po’ fenomeno lo siamo tutti o lo siamo stati. Oggi l’Italia fa sembrare più che essere. Io preferisco stare dalla parte della gente che si alza presto la mattina. Un fenomeno positivo? Michael Jackson. In Italia dico Francesco Renga, dal punto di vista vocale lo è davvero. A volte, invece, ci sono fenomeni che proprio non mi spiego e che ottengono risultati impressionanti”.
Non ci resta che attendere il nuovo tour legato all’uscita di “A volte esagero”. Una serie di concerti ( si parla di due grandi eventi nel 2015 che verranno annunciati a breve e di un vero e proprio tour in giro per la Penisola), nei quali poter apprezzare ancor più la qualità e la bellezza della musica e dei testi di questo album pop-rock dal sapore internazionale, “un po’ mediterraneo, un po’ anglosassone”, sicuramente 100 per cento grignaniano.
Silvia Marchetti