Gli estrogeni, ormoni sessuali steroidei conosciuti soprattutto per il loro ruolo nella regolazione dello sviluppo e delle funzioni del sistema riproduttivo, influenzano anche l’attività dei neuroni, svolgendo perciò un ruolo significativo nell’insorgenza e nel decorso di malattie neurodegenerative e demenze, quale il morbo di Alzheimer. E’ questo quanto hanno osservato in laboratorio i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con ricercatori americani, descrivendo poi il loro studio su PLOS ONE.
«Nel corso della nostra indagine, abbiamo monitorato i neuroni posti in un ambiente stressante che mima una condizione di invecchiamento e degenerazione – spiega Walter Malorni, il ricercatore dell’ISS che ha coordinato lo studio – e abbiamo così scoperto che i neuroni stessi esprimono sulla loro superficie il recettore alfa degli estrogeni, normalmente espresso solo all’interno della cellula, nel nucleo». Un recettore non di poco conto visto che è capace di inviare segnali all’interno della cellula, inibirne la morte e promuoverne la sopravvivenza. In altre parole, «è il neurone stesso che, in condizioni di pericolo, si difende “portando” il recettore degli estrogeni in superficie, dove può svolgere un’azione più pronta e rapida che non quando è nel nucleo della cellula», aggiunge Elena Ortona, coautrice della ricerca.
Un esempio delle possibili implicazioni di questo studio è rappresentato proprio dalla malattia di Alzheimer, una grave e tra le più diffuse patologie neurodegenerative. Dopo la menopausa, l’incidenza di tale malattia aumenta drasticamente nelle donne, proprio, si pensa, per il diminuito effetto protettivo (chiamato “effetto ombrello”) svolto dagli estrogeni.
«Con questo studio – conclude Ortona – si aprono nuove prospettive per la messa a punto di approcci terapeutici volti ad indurre l’espressione del recettore alfa sulla superficie dei neuroni per sfruttarne al massimo l’effetto protettivo».