Da una recente ricerca (maggio 2012), pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Geophysical Research Letters (GRL), si evince che la super-eruzione della caldera dei Campi Flegrei, nel sud Italia, avvenuta circa 40.000 anni fa, può aver giocato un ruolo importante nei processi demografici delle popolazioni paleolitiche delle regioni centrali e orientali del Mediterraneo, che potevano comprendere sia gli autoctoni Neanderthal che i primi sapiens moderni di provenienza africana.
Come si legge in una nota, inviata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, queste regioni sono state coperte da ceneri vulcaniche prodotte da una eruzione dei Campi Flegrei nota come Ignimbrite Campana (IC). Un nuovo studio basato su modelli matematici effettuato dai ricercatori Antonio Costa, Roberto Isaia e Giovanni Macedonio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Napoli, Biagio Giaccio dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR di Roma, Arnau Folch del Barcelona Supercomputing Center (SP) e Victoria Smith dell’Università di Oxford (UK), suggerisce che questa eruzione potrebbe essere stata ancora più grande di quanto stimato in precedenza. Utilizzando misurazioni dello spessore di cenere raccolta in 115 siti e un modello tridimensionale della dispersione delle ceneri, gli autori hanno stimato che la super-eruzione dell’IC avrebbe disperso 250-300 km3 di cenere su una regione ampia 3,7 milioni di km2, che rappresenta da 2 a 3 volte il volume di cenere precedentemente stimato. I valori aggiornati derivano da un nuovo modello che tiene conto della distribuzione dei venti durante l’eruzione. Tradizionalmente, i modelli assumono un vento costante per tutta la durata di un’eruzione, tuttavia, gli autori hanno considerato tutti i venti misurati negli ultimi 15 anni, utilizzando la distribuzione dei venti recente che meglio si adatta ai depositi di ceneri misurate. Sulla base delle loro stime aggiornate, gli autori hanno calcolato che sarebbero stati distribuiti in atmosfera fino a 450 milioni di chilogrammi di anidride solforosa, riducendo la temperatura di circa 1-2 °C per 2-3 anni. Inoltre le emissioni di anidride solforosa e cloruro di zolfo avrebbero innescato piogge acide e la cenere carica di fluoro sarebbe entrata nel ciclo vegetale inducendo effetti potenzialmente associati alla fluorosi, con danni a occhi, denti e organi interni, negli animali e nell’uomo.