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Nella foto Mario Monti |
I precedenti governi non rispondevano alle esigenze del Popolo italiano, che, direttamente od indirettamente, non riuscì a mandare a casa tempestivamente i suoi rappresentanti; ci pensò il Presidente della Repubblica, che però al governo tecnico non diede autonomia d’azione, assoggettandolo al controllo del Parlamento, che, per non aveva espresso governo produttivo, invece doveva essere sciolto, rimettendo la formazione di nuovo parlamento al Popolo sovrano, che avrebbe avuto a disposizione il lasso di tempo concesso al governo tecnico. Il governo tecnico avrebbe fatto vedere come si serve il Popolo sovrano, al quale solamente avrebbe dovuto dare informazione sul programma e rendere conto del risultato.
È nato invece un governo di fatto politico nel senso della parola, perché non si saprà mai se i tecnici non siano stati brillanti o siano stati frenati dai politici, cioè da interessi di parte e personali, prevalenti sulle esigenze della intera comunità, per cui è nato il governo tecnico. Non è buon segno che questo avvenga in un Paese, che dovrebbe ricordare l’invenzione del diritto ad opera dei Latini e conoscere ed osservare la sua Costituzione, che, pur da rivedere, è tra le migliori. Si è ragionato in termini di interessi di parti e di partiti, che a volte si scontrano così violentemente da rasentare la guerra civile, e non in obbedienza a principi riconosciuti validi ed a norme scritte e solo da rispettare ed onorare con la pratica quotidiana. Conseguentemente si governa sotto la spinta di opinioni e di umori popolari, indotti dal potere di propaganda esercitato da media, che col Popolo hanno rapporto di fornitori e di utenza, quasi che i tecnici stessero preparando la loro campagna elettorale, che invece avrebbe dovuto riguardare organizzazioni preposte alla conquista del potere, sottratto di fatto al Popolo. Il senso di smarrimento e di sfiducia, testimoniato ed aggravato da fallimenti, suicidi, illegalità e violenze, è diffuso ed incide negativamente sui consumi, sulla produzione e sull’occupazione. L’Italia non cresce, perché è in decadenza: elezione del Presidente della Repubblica, lontana dai partiti; durata annuale delle cariche elettive, remunerazioni pari al pil; candidati optati dalla base, invitata a non barattare la coscienza per un fine mese o per un affare, segnerà la ripresa.
23 aprile 2012 ore 19.40
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