«La medicina predittiva è una delle frontiere del futuro. Ma bisogna evitare che diventi un business. E bisogna fare in modo che si ispiri al criterio dell’appropriatezza». Così il ministro della Salute, Renato Balduzzi, in merito al Rapporto Europeo che boccia i test genetici acquistati sul web. Il legame tra internet e salute è sempre più stretto, creando spesso uno stato di allarme nel paziente che ricorre per documentarsi al web, dove si è nato un vero e proprio business. In particolare dal rapporto “Test genetici diretti al consumatore per scopi sanitari nell’Unione Europea” – realizzato da EASAC, il Comitato di consulenza delle Accademie Scientifiche Europee, e FEAM, la Federazione delle Accademie Europee di Medicina – si evince che i test genetici predittivi, sempre più diffusi grazie a una diretta accessibilità all’acquisto tramite il web, non hanno ad oggi dimostrato di avere una reale valenza clinica. Possono, anzi, presentare dei rischi per il consumatore, oltre che un aggravio dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale. Tra gli autori anche Stefania Boccia, professore associato dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma e responsabile del Laboratorio di genomica in Sanità Pubblica e Coordinatore nazionale del gruppo GENISAP (http://istituti.unicatt.it/igiene_2005.html), presso il Dipartimento di Sanità Pubblica del Policlinico A. Gemelli. Il rapporto indirizza a cautela nell’utilizzo incontrollato di tali test diretti al consumatore e disponibili online (23and me, Decode ecc), mirati a svelare eventuali condizioni che predispongono all’insorgenza di malattie complesse o adottati in ambito di screening prenatale e nutri genomica, nuovo ramo della genomica teso a individuare dei percorsi alimentari e dietetici personalizzati sulla base del Dna dell’individuo. Si tratta di test per lo più di facile esecuzione, i cui dati su diffusione e utilizzo in Italia non sono al momento disponibili. Di contro negli Usa circa il 5 per cento circa dei cittadini ne fa attualmente uso, e circa il 37 per cento dichiara di essere a conoscenza della loro esistenza, con il dato in continua ascesa.
Sebbene in Italia il fenomeno non sia così rilevante come negli Usa, è documentato un utilizzo piuttosto inappropriato dei test genetici predittivi di suscettibilità, con ricadute anche sui costi per il Servizio sanitario nazionale. «Al fine di governare la diffusione e l’utilizzo improprio di tali presidii – afferma la professoressa Boccia – per la prima volta in Italia sono state avviate delle specifiche azioni». Tali azioni sono state finanziate nel contesto delle attività del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) del Ministero della Salute e in particolare con il progetto denominato Test genomici predittivi: censimento in alcune regioni italiane per l’istituzione di un registro dell’offerta, e promozione di interventi formativi per i medici prescrittori. Tra le iniziative in campo, il progetto prevede la creazione di una piattaforma di e-learning (attiva dal mese di marzo 2013 per un anno, ed accessibile gratuitamente per 2000 utenti medici) a supporto della formazione di medici di medicina generale, medici igienisti, medici specialisti in oncologia, ginecologia e neurologia, ai fini dell’appropriata prescrizione e interpretazione dei test genetici predittivi.
Inoltre, il progetto prevede anche lo studio di una piattaforma web fruibile sia dal medico proscrittore, sia dai cittadini per rendere disponibili informazioni su test genomici predittivi e laboratori erogatori sul territorio italiano (grazie anche ai risultati del censimento annuale curato per il progetto finanziato dal CCM da referenti per la Società Italiana di Genetica Umana, SIGU, e BIOchimica Clinica, SIBIOC) con le relative indicazioni su appropriatezza, utilità e costi dei test stessi (oltre a indicare i centri che offrono tali test).
«Riteniamo, infatti, che un punto chiave per informare i cittadini sia rappresentato dai medici – conclude la coordinatrice del progetto -. Sono, inoltre, allo studio iniziative di comunicazione dei rischi (e potenziali benefici) dovuti all’uso di tali test diretti ai cittadini da parte del gruppo di lavoro da me coordinato presso l’Istituto di Igiene della Cattolica di Roma assieme al professore Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica del Policlinico Gemelli».