Immigrazione, soluzioni e numeri del dramma

immigrazioneL’immigrazione è un tema che non può lasciare indifferenti; fa indignare, arrabbiare, provare paura o compassione e apre alla riflessione, facendo nascere, nelle menti, domande e dubbi su ciò che la politica europea sta facendo o non facendo, sulle strategie diplomatiche più corrette da applicare, sulle sorti stesse di un’Europa tanto voluta ma che, oggi, sembra chiusa in un vicolo cieco. Le cronache di televisioni e giornali ci parlano di un’emergenza che cresce di giorno in giorno, di vite disperate e umiliate che sbarcano sulle coste italiane e, troppo spesso, si ritrovano vittime una seconda volta, dopo aver resistito agli scafisti, agli intermediari e al mare, della corruzione che sfocia in scandalo. A molti l’Occidente intero sembra avvolto in un sonno profondo, in una stasi deleteria, quasi “seduto” sul mondo e incapace di sostenersi e camminare senza barcollare. “Il sonno della ragione genera mostri” ed ecco che il celebre dipinto di Francisco Goya sembra rappresentare uomini moderni che hanno perso la voglia di ragionare, di trovare soluzioni ai problemi, non importa che siano politici o persone normali, benché stanchi di adagiati sulle miserie umane. Oppure altri esseri umani che, preda di convinzioni, ideologie e dogmi errati, pretendono di imporre un’unica verità, di ricomprendere la ricchezza della diversità a una monolitica unicità da cui non è permesso uscire, pena la morte. Questo, purtroppo, sta diventando il fenomeno dell’immigrazione: l’indolenza della razionalità da una parte e l’oscurantismo dall’altra. Occorre svegliarsi, cercare di capire cosa sta accadendo sulle nostre coste e nei Paesi di partenza degli immigrati e lavorare tutti uniti, senza inutili campanilismi, interni o esteri, per mettere la parola fine a un problema che non può più attendere. Vediamo, dunque, quali sono i fatti concreti e le statistiche di questa emergenza, per poi provare a immaginare possibili soluzioni.

 

Numeri e strategie politiche

 Iniziamo dalle cifre per capire la “consistenza” della questione immigrazione: secondo il XXIV Rapporto Immigrazione 2014, realizzato da Caritas e Migrantes, la Sicilia è la regione che accoglie un numero di persone almeno quattro volte maggiore rispetto alle altre regioni della Penisola. Gli stranieri residenti in Sicilia, inoltre, sono passati 140.000 a 162.408 e Catania è la città che ne ospita la maggior concentrazione. Secondo i dati Eurostat del 2014 sono 626.000 coloro che hanno richiesto asilo nell’Unione Europea (circa 64.000 in Italia). Gli sbarchi, poi, sono senza sosta, soprattutto in questi giorni di mare calmo: l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati dichiara che quest’anno gli sbarchi hanno sfondato il tetto dei 100.000 (54.000 in Italia) e la “base di partenza” è, ormai, la Libia. Si parla di sospetti casi di malaria e scabbia che verranno, probabilmente, confermati o smentiti nelle prossime ore. Gli italiani, comunque, hanno paura. Non sanno ciò che accadrà, hanno l’impressione di trovarsi davanti a un’Europa litigiosa e, sostanzialmente, immobile quando non impegnata a rimandare eventuali proposte di soluzione e a governi incapaci di affrontare la situazione Da un paio di giorni i telegiornali ci mostrano immagini delle Stazioni di Milano e Roma Tiburtina letteralmente assediate da profughi che non sanno dove andare. Non solo. Una ricerca fatta da Renato Mannheimer per Il Giornale ci mostra un’Italia più diffidente e intollerante: a quanto pare, infatti, solo il 17% degli italiani ritiene che si debbano accogliere tutti gli immigrati, un buon 43% chiede che vengano respinti totalmente, poiché l’Italia non è in grado di offrir loro ospitalità e un altro 40% è a favore dell’accoglienza di una quota stabilita di persone, non di più. Tra le ragioni che spiegano queste percentuali vediamo l’opinione del 42% della popolazione italiana che ritiene siano proprio i migranti la causa principale della delinquenza, mentre circa il 40% teme per la propria identità nazionale e, parlando di clandestini, crede debbano essere espulsi a prescindere dalla fedina penale.

immigrazione-soluzioniCome si sta muovendo la politica nazionale e internazionale per calmare i timori e far fronte all’emergenza immigrazione? La Commissione Europea è al lavoro su una proposta che, stando alle ultime notizie Ansa, verrà presentata ai governi europei il 25 e 25 giugno. A quanto sembra questo documento focalizza l’attenzione sui rimpatri (anche volontari) coadiuvati dalla cooperazione e dal sostegno economico ai Paesi in gravi difficoltà. Insomma, un modo per rendere più rapidi i rimpatri e, in qualche modo, creare una rete di aiuti internazionali affinché si creino condizioni di “ripartenza” per le nazioni povere. A quanto pare nella bozza di risoluzione non si parla delle famose “quote” di accoglienza, ma staremo a vedere come verrà aggiornata nei prossimi giorni. Il Ministro dell’Interno Alfano ha fatto sapere, attraverso un’intervista a Sky Tg 24, che l’Italia non può essere considerata un’anticamera dell’Europa in cui i migranti possono sostare indefinitamente: «I migranti che varcano la frontiera italiana, varcano la frontiera europea, quindi vanno distribuiti equamente in tutta Europa. L’Europa deve firmare gli accordi di rimpatrio per chi non ha diritto allo status di rifugiato».  In queste ultime ore, poi, le cose si sono ulteriormente complicate: il Premier Matteo Renzi ha fatto sapere di avere un piano di riserva, un piano B, qualora l’Unione Europea non si mostrasse abbastanza aperta nei confronti delle richieste italiane. A Ventimiglia, poi, la Francia ha chiuso la frontiera per tutti coloro che non hanno documenti da esibire, ovvero i migranti, causando tensioni con l’Italia e tra la Gendarmerie francese e le persone che chiedono comunque di attraversare la frontiera pur non potendo dimostrare la loro identità. Molti di questi ultimi, intervistati da varie televisioni, ci tengono a precisare che, per loro, l’Italia non è che un Paese di transito verso altre mete, tra cui Francia, Germania e Inghilterra. Gli analisti e noi stessi, ci stiamo accorgendo di una situazione piuttosto inquietante: l’Europa sta isolando l’Italia geograficamente e politicamente, lasciandola sola a fronteggiare la marea umana che sbarca per salvarsi da guerre e povertà. Ci sono delle ipotesi per risolvere quella che sembra un’esplosione imminente di esasperazione e malcontento, ma tali possibilità possono essere applicate solo se tutta l’Europa abbandonerà il buonismo, gli individualismi e lavorerà subito, senza perdere altro tempo, coesa in quella che non è e non può essere solo la battaglia dell’Italia. Insomma, è ora di affrontare i problemi senza continuare a passarsi la “patata bollente” sperando che il nostro Paese, vista la posizione geografica e problemi interni di varia natura, si assuma totalmente una responsabilità troppo gravosa che, per forza di cose, non potrebbe sostenere. Utopia? No, buon senso.

 

Possibili soluzioni

Negli ultimi mesi si è parlato di affondare i barconi che trasportano i migranti prima che possano iniziare il viaggio, di leggi più dure contro gli scafisti, di veri e propri blocchi navali per impedire il passaggio verso l’Italia.

Prima di capire se queste possibilità hanno consistenza, chiariamo tre punti fondamentali:

 

  • Il problema immigrazione riguarda tutti, Stati Uniti compresi e l’indifferenza non deve essere accettata. Non c’è Paese europeo, inoltre, che possa sottrarsi a questo momento difficile. Il motivo è ovvio: benché, infatti, l’Italia sia ormai conosciuta, come da definizione di Churchill, “il ventre molle dell’Europa”, espressione che non ha bisogno di commenti, è tutto L’Occidente a rischiare di non poter più gestire l’emergenza e le inevitabili infiltrazioni terroristiche. Non solo: non può essere accettabile un’Unione Europea che si presenta come una grande casa per molte nazioni ma, di fatto, non si cura di ciò che succede alla sua “porta”, mentre i Paesi, invece di concentrarsi sul benessere comune, si ripiegano su se stessi.
  • Gli immigrati sono esseri umani con diritti e doveri negati, persone che scappano da condizioni di vita inenarrabili e a cui, prima di partire, viene sottratta perfino la dignità. Questo non giustifica ciò che sta accadendo in Italia, ma ci fa realizzare ancora di più quale sia il quadro politico e sociale dei Paesi da cui provengono i migranti, del caos che sta alla radice di tutto il problema, al di là del Mediterraneo.
  • Dobbiamo, poi, ricordare che si parla di un vero e proprio traffico di esseri umani su cui lucra gente senza scrupoli e i recenti scandali ci danno la dimensione di tutto questo. Non solo: a quanto pare l’Isis potrebbe sfruttare proprio questi terribili viaggi e la mancanza di documenti per consentire a unità di cellule terroristiche l’infiltrazione nei Paesi occidentali e la loro destabilizzazione politica.

 

Ora lasciamo da parte le idee di ogni colore politico, le emozioni giuste o sbagliate del momento, i timori e cerchiamo, tenendo presenti questi punti, di capire cosa si potrebbe fare nel minor tempo possibile.

 

  • Se l’Europa rimane unita per davvero potrebbe tentare la via delle leggi internazionali da far rispettare (sul serio) a tutti i Paesi membri. Le leggi potrebbero essere riviste in base alle nuove esigenze, oppure potrebbero esserne scritte di nuove. Questa via non è la più semplice e immediata, però, potrebbe coadiuvare altre possibilità a breve termine.
  • La possibilità delle “quote” di immigrati da ospitare potrebbe essere fattibile solo se tutti gli Stati fossero d’accordo, nessuno tentasse di “aggirare” il problema e ci fosse una salda sicurezza sull’identità dei migranti a cui dare diritto d’asilo. Anche in questo caso è più facile a dirsi. Ciò non toglie, comunque, che esista la condizione di rifugiato politico e possa essere applicata in certi casi, secondo le leggi.
  • Con terroristi e scafisti non si tratta e, del resto, tali gruppi non sono aperti a dialoghi o trattative di alcun tipo e questo lo sappiamo fin troppo bene.
  • La cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo è fondamentale per riuscire a ridimensionare la questione immigrazione e avere aiuto per il riconoscimento degli immigrati. Ciò significa, ovviamente, collaborazione tra Stati senza colpi di mano o strategie politiche “sotterranee”.
  • Qui sorge un problema di notevole portata: pensiamo, per esempio, che la base di partenza delle barche è, ormai, la Libia. Questa infatti, è attraversata da scosse politiche interne, ovvero dal caos, dalla frammentazione tribale in cui nessun gruppo prevale davvero, ma è in guerra con gli altri e, di fatto, la nazione ha smesso di “esistere” nell’accezione comune.
  • Non conviene a nessuno che queste lotte tribali e, in generale, la confusione politica, regnino in determinati Paesi del Nord Africa. Sarebbe inutile e probabilmente dannoso, tentare di imporre dall’esterno dei leader (la Storia ci insegna) che potrebbero essere scalzati da golpe o risultare incontrollabili (non fatevi spaventare dalla schiettezza di queste affermazioni, sono possibilità già accadute in passato, hanno a che vedere con accordi storici più o meno segreti e rientrano, ci piaccia o no, nel ragionamento politico-diplomatico che non si basa esattamente su un distacco netto tra giusto e sbagliato, ma tenta compromessi. Ciò non significa che le situazioni siano sempre state risolte brillantemente, ma si cerca un punto d’accordo nel bene comune, o almeno si dovrebbe).
  • Si potrebbe imboccare un’altra strada, pericolosa e senza alcuna garanzia di successo: fare in modo che terminino le lotte tribali in Libia, far sedere i capi attorno a un tavolo e cercare di ottenere accordi che saranno rispettati da tutte le tribù e dalla parte europea. Anche in questo caso la prospettiva non si annuncia semplice: di fatto non esiste una tribù dominante con cui trattare ed è piuttosto complicato metterle d’accordo tutte. Del resto perché una fazione dovrebbe allearsi con un’altra nemica? Quali vantaggi le porterebbe?
  • Negli ultimi giorni si parla di costruire dei campi profughi nel Nord Africa. Potrebbe essere una soluzione ma solo temporanea. Occorrerebbe invece, aiutare questi popoli a ricostruire davvero una società in cui vivere. Non si tratta di “esportare democrazia”, ma metterli in condizione, attraverso leggi adeguate e istruzione, di camminare da soli e scegliere per il meglio. Per fare questo ci vuole tempo, denaro e gli accordi internazionali di cui abbiamo parlato. E’ necessario, dunque, muoversi il prima possibile.
  • Avrete notato che questi punti si concentrano molto sulle strategie economiche, sociali e politiche da applicare nei Paesi di partenza degli immigrati. Non è un caso: l’Africa è un luogo immenso e dalle grandi e ricche risorse, attualmente sfruttate da pochi. Ciò che non abbiamo qui. Per questa ragione è importante che i figli di questa meravigliosa terra diventino coscienti di ciò che possiedono e del modo in cui possono usarlo per creare migliori condizioni di vita. L’Europa e gli Stati Uniti possono aiutarli in questo (e no, non si tratta di alcuna forma di neocolonialismo; dovremmo essere andati oltre e la Storia dovrebbe averci insegnato qualcosa).

 

Non sarà facile, lotteremo sempre contro individualismi, dogmi religiosi portati alle estreme conseguenze, logiche affaristiche e di spartizione di ricchezza, ma è doveroso iniziare a cambiare le cose partendo dai passi più piccoli: leggi, istruzione e vera capacità politica e diplomatica da cercare e plasmare su entrambe le sponde del Mediterraneo. Stati Uniti ed Europa stanno giocando una partita importantissima per il futuro degli equilibri mondiali. Il tempo, per il fenomeno dell’immigrazione, non aspetta e ogni minuto perso è regalato a chi sfrutta le miserie umane.

 

Francesca Rossi

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto