Insidious 3- L’Inizio: il trailer, la trama e la recensione del film che guida le schiere infernali dei nuovi mostri che si preparano a invadere le nostre sale a partire dal 3 giugno: serial killer, demoni, assassini 2.0 e feroci poltergeist.
Prima che il suo piccolo, grande film Babadook facesse il giro dei festival più prestigiosi e si accaparrasse svariati premi, Jennifer Kent aveva congegnato il cortometraggio Monster, poi divenuto il lungometraggio sull’uomo nero trionfatore assoluto agli AACTA Awards (variante australiana degli Oscar americani). In uscita in Italia il 15 luglio Babadook chiuderà la stagione di fuoco dell’horror, iniziata il 3 giugno con l’uscita in sala del terzo episodio del franchise di Insidious e il cui sigillo finale sarà messo dall’attesissimo reboot di Poltergeist – Demoniache presenze, cult movie anni ’80 di Tobe Hooper. In mezzo ci sarà posto per lo slasher Wolf Creek 2 – La preda sei tu e per l’horror 2.0 Unfriended. Non ho citato a caso Monster, l’ur-Babadook, il proto film di Jennifer Kent. Ci permette infatti di sintetizzare al meglio l’immaginario poliforme di freak, mostri sanguinari, babau e psicopatici voyeuristi che si preparano ad affollare le sale tricolori promettendo bagni di sangue e ondate di terrori psicologici. Il cavallo di battaglia è Insidious 3 – L’Inizio, terzo episodio della saga campione di incassi creata da James Wan e Leigh Whannell. In questa nuova avventura ambientata, come di consueto, ai limiti del mondo terreno, sale al timone di regia l’esordiente Whannell mentre Wan, a cui si devono i due precedenti episodi, figura come produttore esecutivo. Sul progetto ha investito la Blumhouse di Jason Blum, casa di produzione specializzata nel “brivido esoterico” (basti pensare a Sinister, L’Evocazione o ai vari Paranormal Activity) e centro nevralgico di sfruttamento del “new horror”, filone che recupera, innovandoli, i vecchi stilemi made in Hammer rendendoli più eleganti, calligrafici e sontuosi. Pensiamo ai carrelli di macchina, alle inquadrature sghembe che sfruttano spesso il piano-sequenza e ad un ritmo che lascia crescere una tensione lenta e ipnotica mirata ad uno spavento graduale. Sono questi i caratteri distintivi del linguaggio cinematografico di James Wan, reduce dal successo stratosferico di Fast & Furious 7. Con l’esplorazione delle origini di un male atavico e primordiale che ha quasi distrutto la famiglia Lambert, inizia quello che potremmo definire uno spin-off tutto dedicato alla figura di Elise Rainier, la medium interpretata da Lin Shaye, veterana della saga e chiaroveggente capace di compiere viaggi astrali nella dimensione dell’Altrove, terra dei morti in assenza di risoluzione in cui il tempo non esiste. Questa volta la vittima designata di un demone parassitario evocato per sbaglio è Quinn (Stefanie Scott), quindicenne che ha da poco perso la madre a causa di un cancro ai polmoni. Credendo di essere visitata dal fantasma materno, Quinn diventa vittima, dopo un terribile incidente che la blocca in casa, di uno spettro infestante, “l’uomo che non respira”, un demone che lascia, dopo il suo passaggio, scure tracce di catrame e si fa annunciare da angoscianti e rochi sibili. Verrà in aiuto della ragazzina inerme Elise, perseguitata a sua volta da un’oscura presenza che le aveva finora impedito di continuare i suoi viaggi nella terra dei defunti. Iniziamo subito col dire che Whannell, a cui si deve Saw – L’Enigmista, non è Wan, per quanto si sforzi di produrre emulazioni a getto continuo. I due registi-sceneggiatori non sono intercambiabili e mantengono, nel bene e nel male, la propria, ben differenziata, cifra stilistica. Il primo ama condurre lo spettatore in un mondo di luci e ombre amplificato da immagini stilizzate e inquadrature che lavorano sulla singola sequenza piuttosto che sul montaggio serrato. Il suo “altrove” è uno spazio di nebbie maligne da cui sbucano esseri oltremondani come da un elegante cabinet of curiosities, tra il grottesco e il perturbante freudiano. Il secondo, al contrario, lavora per sottrazione e crea un mondo sospeso tra la vita e la morte in cui il piano della realtà e quello del sogno coincidono. Il suo “altrove” somiglia a una camera fredda e vibrante di rantoli maligni, piena di corridoi e porte color rosso fuoco, come i tendaggi di lynchana memoria, in cui si aggira il boogeyman con la mascherina dell’ossigeno (sembra quasi un rimando al villain di Velluto blu). Tra il Carpenter di The Ward, l’omaggio all’horror soprannaturale nipponico e le infestazioni diaboliche che abbiamo visto negli ultimi possession movie, Insidious 3 centellina la paura dosando ottimamente la suspense e tenendo alta la tensione. L’“Operazione paura” scritta e diretta da Leigh Whannell annulla però la caratteristica rappresentazione “atmosferocentrica” della serie, per servirsi sempre più spesso di un campionario non molto originale di contorcimenti e acrobazie degne del più classico esorcismo e giocando moltissimo sullo “spavento facile”, grazie alle apparizioni a effetto di spiriti inquieti meno bizzarri di quelli dei film precedenti e più ancorati all’iconografia classica dell’ horror. Lontani anni luce dal cinema neogotico spagnolo alla Guillermo del Toro e seguaci (a proposito, aspettiamo con ansia Crimson Peack), ci troviamo di fronte ad un’opera che ripete lo schema delle precedenti ma che riesce, pur senza stupire, a tenere incollati alla poltrona. Nel mondo dei vapori malefici in cui si aggirano presenze inquietanti, tutto sembra avvolto da una patina illusoria che non si riesce a scrostare se non abbattendo le barriere tra sonno e veglia. Sembra sempre di scorgere qualcosa di maligno oltre i bordi dell’inquadratura e gli effetti sonori accompagnano degnamente questa suspense. In mancanza del Doppelgänger che rivede se stesso come nel recente Coherence, e come accadeva a Dalton Lambert, il bambino posseduto dall’ “uomo con le fiamme in faccia”, la trama si sviluppa seguendo uno schema lineare che risponde alle caratteristiche solite del cinema delle case infestate. Il primo uomo a raccontare di un’antica magione abitata da uno spettro fu Plinio il giovane, con la storia di Atenodoro, filosofo stoico alle prese con un fantasma incatenato di cui riesce a trovare i resti, a seppellirli e a fare quindi cessare la maledizione. Da Gli Invasati di Robert Wise (1963) al recente dittico di Woman in black che rispolvera il goth movie, e passando per Amytiville, 13 Spettri e Poltergeist, il tema delle “hell house” (quella di Richard Matheson, villa Belasco, fece scuola) non ha mai smesso di regalare brividi e “scheletri nell’armadio”, ma è a partire da Insidious, Sinister e The Purge, che l’abitazione diventa solo un tramite, un MacGuffin che spalanca le porte ad un potere più grande racchiuso dalle sue mura, quello insito nella sfera onirica dell’invasato di turno, o del bambino capace di guardarsi dormire e poi volare via, verso l’altrove stregato in cui c’è sempre qualche anima dannata che non dovrebbe mai vederlo.
Trailer Insidious 3- L’Inizio
Voto: [usr 3]
Vincenzo Palermo