La carriera teatrale gli ha regalato una splendida moglie, Sarah Jane, quella cinematografica l’ha portato a sfiorare un Oscar nel 2005 con Closer. Occhi di ghiaccio, accento e classe tipicamente British: lui è Clive Owen ma a breve, precisamente dal prossimo 11 novembre quando la serie andrà in onda su Sky Atlantic, il pubblico lo conoscerà come John Takery medico primario del reparto di chirurgia del The Knick.
Scritta e diretta da Steven Soderbergh, The Knick è la serie evento di quest’autunno che ha preso spunto dalla reale biografia del Dottor William Stewart Halsted, medico statunitense che fece scalpore, all’inizio dello scorso secolo, per la sua dipendenza dalla morfina. Ambientata nel ‘900 e quindi pronta a narrare i cambiamenti storici e morali dell’epoca, The Knick è un ibrido che unisce il period e il medical drama, il pathos vincente della serialità e qualità propria della settima arte attraverso la grandezza del suo regista e la performance di Clive Owen, protagonista d’eccellenza. Noi lo abbiamo incontrato per voi al Festival del Film di Roma.
Owen, cosa in particolare l’ha intrigata di John Takery?
Il fatto che è un personaggio complicato. È stata una vera è propria sfida per me impersonarlo perché lui è brillante, geniale, arrogante in più ci sono elementi della sua personalità che sono complessi anche solo da capire per una persona nella norma. La serie si addentra alla perfezione nei meccanismi di un uomo il cui operato è a volte anche spregevole ma quello che fa è spiegato talmente bene nella sceneggiatura che in qualche modo ci si ritrova dalla sua parte. A me è successo e credo che accadrà anche agli spettatori.
Quindi, è divertente impersonare un arrogante, un uomo che alla gente d’istinto non piacerebbe…
Takery è un personaggio imperfetto ed è molto più divertente recitare nei suoi panni di antieroe che in quelli di un eroe perché bisogna tentare di renderlo umano senza denaturalizzarlo. Bisogna rendere verosimile ed eccitante il suo percorso, palesare ciò che sta attraversando con la recitazione. I personaggi come Takery sono il sale del mestiere dell’attore.
Takery somiglia in alcuni atteggiamenti a un altro medico della televisione ormai andato in pensione da qualche anno, Dottor House. Secondo lei perché questi medici con problemi di dipendenza, cinici e altezzosi sono così amati dal pubblico?
Perché sono fragili, perché sono umani nonostante poi si comportino come divinità nel loro campo. La loro altezzosità si basa sulla consapevolezza di essere dei geni ma l’essere geniale, il capire di più e meglio di altri li porta a un autolesionismo disperato. Le persone amano i personaggi disperati ma non è pena, è comprensione.
Quanto ci ha messo Steven Soderbergh a convincerla ad accettare un ruolo così sfaccettato e impegnativo?
Non avevo mai lavorato con lui, mi ha avvicinato mentre stavo girando su un altro set. Mi ha detto di leggere il suo script, che ne era innamorato e che avrebbe infranto i canoni degli attuai show televisivi. Non stavo cercando un lavoro nella TV né un nuovo personaggio da interpretare, eppure 45 minuti dopo sapevo che l’avrei fatto. Si trattava di un meraviglioso esempio di scrittura. Non sapevo molto del mondo della medicina di quel periodo, so che è stato un momento intenso e cruciale per la medicina moderna, ma non avevo mai letto una tale descrizione dell’epoca o un personaggio come quello. Pericoloso, selvaggio, originale. Era un personaggio così complicato ma al tempo stesso eccitante per uno show televisivo. Da un lato geniale e brillante, dall’altro tossicodipendente, arrogante, difficile.
Lei ha già lavorato in televisione ma mai come protagonista di una serie così lunga dove i tempi, comunque, rispetto a quelli cinematografici sono più ristretti per ovvie ragioni di budget…
Abbiamo girato ogni episodio in non più di una settimana. I tempi sono stati stretti ma Steven è veramente straordinario nel curare e occuparsi lui stesso di ogni dettaglio, dalle luci al montaggio. Lui è estremamente attento a ogni minuzia e si circonda di persone che sono spronate da questo suo atteggiamento, pensi che anche per quanto riguarda il periodo storico c’è stata una ricerca lunghissima, d’altronde quelli sono stati gli anni in cui tutto è cambiato nel campo della medicina. Devo confessarle che anche io guardando il prodotto finito sono rimasto sorpreso piacevolmente, non mi aspettavo tanto.
La seconda stagione è stata confermata e lei ci sarà…
Sì, ci sarò e le riprese inizieranno a febbraio e le assicuro che la serie ha uno sviluppo pazzesco. A me non piace essere legato per troppo tempo a un personaggio perché del mio mestiere amo principalmente la varietà eppure Takery cambia continuamente e mi stimola come non mi capitava da tempo. È molto raro che un personaggio mi faccia questo effetto per questo non intendo lasciarlo, finché non arriverà il momento. Finché non sentirò di aver dato tutto ed esplorato in toto John.
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Sandra Martone