Esiste un confine, ben definito, in cui l’amore e l’ossessione per un cantante, un artista, un mito, un band devono fermarsi. E questo confine è il rispetto. Anche e soprattutto se il soggetto in questione si chiama Kurt Cobain e il gruppo di cui si parla sono i Nirvana. Questo punto Montage of Heck – The Home Recordings, il disco uscito il 13 novembre lo supera con una noncuranza e un’invadenza da risultare irritante perfino al fan più accanito. Se infatti il documentaro Cobain: Montage of Heck realizzato da Brett Morgen e uscito nelle sale italiane lo scorso aprile ha una ragion d’essere non solo dal punto di vista cinematografico, ma soprattutto per la sua analisi di una personalità tanto complessa e sfuggente quanto fragile e delicata che regala ai fan del leader dei Nirvana un ritratto inedito e disarmante del loro idolo, l’album uscito venerdì appare a priva vista solo l’ennesimo tentativo di fare cassa, forzando parecchio la mano (e l’orecchio pure) e sfruttando l’adorazione che molti nutrono nei confronti di uno dei miti della storia della musica mondiale.
Guardando le registrazioni della vita privata di Cobain presenti nel documentario di Morgen si ha spesso la sensazione di essere invadenti, di violare l’intimità di un uomo che non ha la possibilità di ribellarsi. Parallelamente però, proprio quelle immagini diventano dei pezzi fondamentali di un puzzle che contiene al suo interno delle risposte, che dissipa i dubbi che tutti noi avevamo su Kurt Cobain, quello vero, il ragazzo che si nascondeva dietro la maschera ribelle e sbruffona della rockstar che in pochissimo tempo ha creato un nuovo modo di fare musica. Proprio per il film, il regista statunitense ha ottenuto da Frances Bean Cobain, co-produttrice del documentario, l’accesso libero alle registrazioni private realizzate dal padre. A volte per gioco, altre per esercizio, altre ancora perché semplicemente non aveva niente da fare. Materiale che Morgen ha utilizzato per costruire una colonna sonora che potesse dare al pubblico una sensazione di genuinità e verità. E ci è riuscito. Per togliere ai posteri ogni dubbio su quale fine dovessero fare quei suoni (e ripetiamo suoni, non musica) a quelle cassette il leader dei Nirvana aveva anche dato un titolo: “scraps and insignificat discarded materiale: Ps. Under no circumstances release after my death. Pls. Signed K. Cobain.” in italiano: scarti e materiale insignificante. Ps. non diffonderlo per nessun motivo dopo la mia morte. K.Cobain”.
In altre parole, l’ultima cosa che il cantante di Aberdeen voleva era che quello che per lui era solo un modo per comporre e per passare il tempo nelle giornate più noiose venisse distribuito e ascoltato dal mondo intero. Cosa che invece si è puntualmente verificata proprio con Montage of Heck: The Home Recordings, un disco presentato come un mix tra colonna sonora e album solista che in realtà non è nessuna delle due cose. La versione standard contiene 13 tracce, quella deluxe invece ne ha addirittura 31, un’accozzaglia di registrazioni frammentarie, prive di valore musicale, spesso scadenti nella qualità e nel suono. E non poteva essere altrimenti dato che quello che i fan si troveranno ad ascoltare sono solo appunti audio, prove, tentativi scherzosi. Materiale che se nell’ambito del documentario contribuiva a fornire un ritratto più realistico della vita di Kurt Cobain, isolato dalle immagini nulla aggiunge alla discografia di un artista su cui è già stato pubblicato tutto e il contrario di tutto e appare solo un modo, abbastanza fastidioso per altro, di sfruttare il successo ottenuto dal docu-film di Morgen per guadagnare qualche soldo in più.
Scendendo nei dettagli “dell’opera”, la versione standard si apre con “The Yodel Song”, pezzo in cui possiamo ascoltare Cobain alla chitarra acustica “scordata” – come afferma lo stesso cantante nella registrazione – e accompagnata da vocalizzi e yodel. “Been a Son (early demo)” sembra essere una versione amatoriale della pezzo incluso in “With the lights out”, un box set composto da 3 CD e 1 DVD, anch’esso contenente canzoni rare e inedite dei Nirvana, mentre “The happy guitar” è un brano eseguito nuovamente con la chitarra acustica dal ritmo rilassato e tranquillo in ossimoro con quella che è la reale produzione della grunge band di Aberdeen. In successione troviamo poi “Clean up before she comes (early demo), registrata ad Olimpia nella casa dell’ex fidanzata di Cobain. Quest’ultima chiedeva spesso al suo ragazzo di fare le pulizie dato che passava le giornate sul divano a “cercare la sua arte”. Il leader dei Nirvana ha pensato bene di scriverci una canzone sopra. Anche in questo caso, il pezzo era già presente, in una versione differente nel cofanetto “With the lights out”. “Reverb experiment” è palesemente un gioco fatto di distorsioni con la chitarra elettrica, mentre il meedley formato da “You can’t change me / Burn my britches / Something in the way (Early demo)” registrato a fine anni ‘90 ci permette di ascoltare una sorta di imitazione che Kurt Cobain fa di se stesso, intrisa di discrete stonature nell’ultima parte del mix. “Scoff (Early demo)” è probabilmente una degli audio peggiori (per qualità) che si possono ascoltare nel disco, ma fortunatamente dura solo 37 secondi. “And I love her” è forse la canzone più interessante. La cover del brano di John Lennon lascia trasparire un Cobain inedito che canta una delle canzoni più romantiche della storia della musica. Un colpo al cuore per chì è abituato ad ascoltare la voce roca e stridula di “Rape Me”. Il pezzo uscirà il prossimo 4 dicembre su 45 giri con “Sappy (Early demo)” come B-side. In Montage of Heck – The Home recordings c’è anche quest’ultima, già nota ai fan più accaniti nella versione dei Nirvana inserita nella compilation “No alternative” e nel cofanetto “With the lights out”.
Nel disco appena uscito però possiamo ascoltare un suono più lento e delicato rispetto a quello a cui siamo abituati. “Letters to Frances” è una dedica alla figlia effettuata con la chitarra acustica, mentre “Frances Farmer will have her revenge on Seattle (Demo)” è un omaggio all’artista poi in inserita in “In Utero”. Il disco si chiude con “She only lies” che parla di una storia d’amore alquanto complicata. Un pezzo che sta per nascere, ma non ancora completo. Arrivare alla fine di questo disco non è stata un’impresa semplice, ma ce l’abbiamo fatta. Non sappiamo niente di più su Kurt Cobain di quello che conoscevamo già. L’unica cosa che ci resta è una profonda irritazione per quello che abbiamo sentito, ma anche una sicurezza. Se il leader dei Nirvana fosse stato ancora qui, le chitarre spaccate nel corso dei suoi concerti sarebbero sembrate una reazione pacifica rispetto a quella che avrebbe avuto se qualcuno gli avesse detto che questi Home Recordings sarebbero stati diffusi. Ma Kurt Cobain è morto e la macchina da soldi rappresentata dalla sua eredità deve essere sfruttata fino alla fine.