Kutso, reduce dal successo di Sanremo, presentano il nuovo album “Musica per persone sensibili” che abbiamo ascoltato e recensito intervistando anche la band.
«Non siamo solo casinisti e burloni, siamo professionisti che fanno…musica per persone sensibili». Si presentano così i Kutso (si legge Katso, “ma continuano a censuraci!”), band rivelazione dell’ultimo festival di Sanremo. La loro “Elisa” è una delle canzoni più amate, ballate e passate dalle radio in queste settimane. La band romana, capitanata da Matteo Gabbianelli, ha difatti firmato un brano che racconta, in modo divertente ma mai superficiale, l’eterno divario tra uomo e donna, tra due mondi opposti che però si attraggono, nel bene e nel male. Un gioco musicale che ha conquistato la platea dell’Ariston e un numero sempre più alto di fan. “E pensare che Elisa non era destinata a Sanremo! – raccontano i quattro artisti – Ma grazie all’aiuto di Alex Britti, con il quale collaboriamo da anni, abbiamo rispolverato questo pezzo e lo abbiamo proposto al festival”. Con una lunga gavetta alle spalle e centinaia di live sul groppone (tra cui palchi condivisi con Caparezza e Gogol Bordello, oltre a una performance pazzesca durante il Concertone del Primo Maggio), i Kutso hanno recentemente pubblicato un nuovo album di inediti, “Musica per persone sensibili”, già ai vertici delle classifiche indie e rock. Un disco semplice e superficiale solo in apparenza. Non limitatevi ad ascoltare la loro musica, energica, spumeggiante, spericolata, ma scontratevi anche con i testi, scavate a fondo e immergetevi nel mare di parole che i Kutso vomitano a ripetizione. Non fatevi ingannare dal loro aspetto sgangherato, un po’ ribelle, talvolta punkeggiante. Nelle loro canzoni ci sono la poesia di Lucio Battisti, l’ironia di Giorgio Gaber, il nonsense di Rino Gaetano. Un mix perfetto, vincente, che colpisce irrazionalmente già al primo ascolto per poi contagiarti e non lasciarti mai. Si fissa nella mente, ti costringe a canticchiare a ripetizione e ti strappa più di un sorriso amaro. E’ l’urgenza espressiva il tratto distintivo di questo nuovo progetto firmato Kutso. «Musica per persone sensibili è il nostro album più rock – confessa il gruppo – Amiamo stupire con effetti speciali ma anche raccontare storie tragicomiche dense di significato. Facciamo sempre tutto in libertà, come ci pare e piace. La nostra speranza è far arrivare il nostro messaggio, aldilà dello spettacolo che offriamo, della trasgressione e della comicità che ci caratterizzano». L’ultimo disco, in effetti, è un circo colorato di risate ma anche di riflessioni autentiche, a tratti rivoluzionarie. Le canzoni che lo compongono sono un lungo viaggio emozionale verso la fantasia, da affrontare in compagnia, nella bolgia di un concerto, oppure in solitudine, muniti di cuffie e di pensieri tormentati. “Quando avrò tempo guarderò indietro…ora sprofondo in me” cantano i Kutso in “Bluff”, primo brano del nuovo album. Folle quanto basta, musicalmente travolgente, caos ordinato di idee e di venature punk-rock. Dopo la già citata “Elisa”, ecco “Bevo te” (pezzo martellante, uno spasso la voce altalenante di Matteo che vocalizza tra alti e bassi vertiginosi) e “Spray nasale (la canzone che i Kutso amano di più “perché – ci confessano – rappresenta al meglio ciò che siamo e che vogliamo”). Intro alla Clash per “Io rosico”, quinta traccia di “Musica per persone sensibili”, atmosfere più dark nella profonda “Nel buio e nel silenzio” (“cerco le ragioni delle mie complicazioni, vorrei morire nel sonno senza soffrire”, recita il testo del brano). Di altra natura “Call center” che ironizza su una telefonata ricevuta da una donna precaria, “l’operatrice 103”, la cui voce scatena “pensieri eccitanti”. I Kutso vorrebbero godersi la vita e non preoccuparsi più di problemi ed errori commessi nella distorta “Vengo in pace”; cercano, invece, un approccio fisico con una fanciulla nella spudorata “Se copuliamo”. Il brano top del disco? “L’amore è”, nella quale Matteo si finge tenore, giocando con la voce e un sound reggaeggiante. Geniale. Meno riuscito, invece, il brano successivo, “Ma quale rockstar” (troppo simile alle prime canzoni dell’album). Esplosione di chitarre e di batteria in “Non servono”, altra traccia potente tutta da ballare, più intima e malinconica “Why don’t we do it in the road”, con un inizio onirico, very american country style. “Musica per persone sensibili” si chiude con un brano che non ti aspetti: “Triste”, ballad d’altri tempi, dolce e delicata, che si culla tra “stupide illusioni e immagini che volano via come cenere nel vento”. Un amore forzatamente tramutato in amicizia che ferisce e non soddisfa le voglie. E bravi Kutso, che dimostrano di essere artisti maturi, completi, aperti non solo alla leggerezza e al divertimento, ma anche ai sentimenti e al romanticismo più sofisticati. Una band che dimostra di essere una (non) alternativa nel panorama artistico italiano, fedele alla propria linea e attenta a proporre musica di qualità…
Silvia Marchetti