L’Oriana è il titolo della fiction di Rai 1, in onda in due puntate il 16 e il 17 febbraio. La recensione della miniserie che racconta la vita di Oriana Fallaci, la nota giornalista che scrisse di olocausti e sottomissioni, di diritti negati e guerre incomprensibili.
Firenze, Novembre 2000. Nemmeno sprofondata in un letto d’ospedale Oriana Fallaci mette a tacere l’irrefrenabile impeto da donna virago, strenua combattente mai sazia di duelli verbali. Il medico l’ascolta senza battere ciglio e lei, indomabile, continua a lanciare fendenti senza tregua, scuotendo l’interlocutore, agitandogli l’animo. Sei anni dopo si spegnerà a Firenze, uccisa dal cancro. E’ l’incipit de L’Oriana, la fiction di Rai 1, in onda in due puntate il 16 e il 17 febbraio, e diretta da Marco Turco. Nella sequenza successiva una macchina da scrivere “batte” il titolo in sovraimpressione, L’Oriana, poi il tempo si ferma tornando indietro di molti anni e la donna rievoca la terribile immagine di quattro partigiani impiccati e di un cane che ulula mentre loro, morti in silenzio, non possono proferire parola. Ma per Oriana il silenzio esiste solo mentre s’immerge, appena adolescente, nella lettura di Jack London o mentre vagheggia la luna conquistata dalla missione Apollo 11 nell’ancora lontano 1969. La linea del tempo si infrange, stilisticamente, in lunghi flashback rievocati dalla temeraria scrittrice mentre, nel presente che precede di poco la malattia, intrattiene un complesso rapporto con Lisa, un’aspirante giornalista e sua ammiratrice che l’aiuta a catalogare materiali d’archivio nella propria abitazione. Le dice in tono perentorio che lei “il giornalismo non l’ha studiato, l’ha fatto” e che, per addentrarsi senza paura nella coscienza collettiva e nel dolore condiviso “devi essere spietata, farti temere”. La miniserie di Marco Turco, la cui versione cinematografica è uscita sugli schermi italiani il 3 febbraio scorso, racconta le tappe principali e gli avvenimenti salienti della vita dell’eroina della carta stampata, dalla prima pubblicazione su L’Europeo nel 1951, all’aspra e infervorata critica all’Islam radicale dopo i fatti tragici dell’11 Settembre 2001. Battaglie combattute quasi sempre sul campo, come quando nel 1967 divenne corrispondente in Vietnam per L’Europeo, scegliendo di vivere a stretto contatto con la morte. Dai fasti dei “sette peccati di Hollywood”, raccontati nell’omonimo libro pubblicato nel 1958 con la prefazione di Orson Welles, ai sanguinari resoconti di guerra degli anni successivi, Oriana Fallaci non ha mai indossato la maschera dell’affettazione e del perbenismo, riuscendo a mantenere lucidità critica, coraggio e abnegazione. Portabandiera dell’ideologia resistenziale in giovane età, ha realizzato reportage sulla questione femminile in Oriente, raccontando quel “sesso inutile” che abita il mondo fabbricato dall’occludente pensiero maschile. Oriana Fallaci ha abitato quel mondo ma lo ha saputo corrodere dall’interno, con la forza della sua vocazione civile e con la potenza eversiva del suo pensiero. È stata un’outsider osteggiata e vilipesa, le cui idee divennero veicolo di azione a tutti i costi. I lineamenti delicati di Vittoria Puccini nella fiction della Rai dovrebbero nascondere la furia sprezzante di un’anima indomita, invece, nei panni della giornalista l’attrice modula, soprattutto con la voce arrochita e col tono fermo e deciso, una mimesi che addolcisce i connotati spigolosi del reale personaggio, ma che non intacca la riuscita della performance. Agguerrita, determinata e insaziabile di conoscenza, pur in una versione più edulcorata rispetto alla donna-guerriero, manifesta con orgoglio e altissima dignità quell’urgenza politico-civile che fu il tratto distintivo della giornalista. Complice la direzione scelta dal regista sulla sceneggiatura di Sandro Petraglia e Stefano Rulli, legata all’esaltazione sentimentalistica delle sue vicende amorose (il rapporto intrattenuto con François Pelou e quello tormentato col greco Alexandros Panagulis), il biopic romanzato si tinge di melò, alternando alle ottime riprese dal fronte bellico vietnamita, i tormenti di un cuore inquieto e di un desiderio di maternità poeticamente sfumato. La Fallaci della Puccini incarna in modo credibile l’austerità granitica del personaggio reale, ma sfrutta troppo spesso l’azzardata logica del “proclama” recitato a voce alta, dello slogan retorico che toglie mordente all’ostinazione totale di chi sarebbe morto per difendere i propri ideali. La prima parte si chiude con l’immagine profetica dell’Apollo 11 librato in volo, mentre incombe l’incontro tra Oriana e Alexandros Panagulis che vedremo nella seconda puntata della fiction, in onda questa sera, alle 21 e 15 su Rai 1.
Vincenzo Palermo