«Noi siamo fatti della stoffa dei sogni e questa vita nostra da sogni è circondata». Il film di Giafranco Cabiddu è un canto dolce-amaro, è un inno alla libertà e alla voglia di evadere dalle prigioni mentali per realizzare i desideri più intimi che – come diceva Shakespeare – non seguono lo stesso percorso del destino, anzi vanno in senso contrario perché i progetti sono nostri ma non i risultati che non nascono mai da calcoli e dal cerebralismo. La pellicola del regista sardo tutto è tranne che cerebrale. Attraverso aneddoti paradossali e pochi equivoci il film ci narra una storia che affonda le sue radici nel teatro di Edoardo De Filippo e ancor più indietro ne La Tempesta di William Shakespeare.
La macchina da presa, ne La Stoffa dei Sogni, si muove tra due mondi, quello delle acque e quello della terra, facendoci venir subito il mal di mare. La prima sequenza è ambientata, infatti, su un’imbarcazione che sta naufragando; poi ci spostiamo sull’isola che sarà la protagonista di tutto il film, dove prende forma la danza degli opposti: mare e terra bruciata, legalità e criminalità, finzione e realtà, buio (soprattutto nella prima scena) e luce. I personaggi secondari vivono in una dimensione incantata, mentre il giullare Oreste Campese (Sergio Rubini) prepara i ‘veri’ e i ‘falsi’ attori per portare sulla scena La Tempesta di Shakespeare, in un napoletano un po’ maccheronico. Nessun cinismo e un piccolo barlume di gelosia s’intravede nel direttore del carcere (Ennio Fantastichini). Quest’uomo dallo sguardo apparentemente fiero, ma da cui trasuda tristezza, vive con la giovane figlia e i gendarmi su un’isola immaginaria collocata (si presume) al centro del Mediterraneo.
La tempesta fa naufragare la barca, nella quale si trovavano un boss con il figlio e i suoi scagnozzi, oltre a una compagnia di attori. Ma… il mare ha le sue regole e su un’isola il tempo è molto relativo. Ne La Stoffa dei Sogni la magia del teatro incanta e disorienta tanto che il tenebroso direttore non riesce a distinguere gli attori dai malavitosi e chiede loro di rappresentare una commedia shakespeariana. «Lei sa che il Teatro mette le ali al cuore e pure alla ragione (…) perciò ha paura di un’evasione», dice Oreste Campese al direttore, il quale a sua volta però è consapevole che l’uomo si costruisce sempre una dipendenza nell’ambire alla libertà. La Stoffa dei Sogni è un film che si tinge di bellezza nonostante alcune piccole ingenuità e lievi sbavature nella sceneggiatura. Di seguito il trailer.