Sei personaggi in cerca d’autore di Gabriele Lavia, recensione – Se qualcuno (me compreso, lo confesso) fosse ancora intimorito da questo testo, certamente un caposaldo del teatro mondiale, dai suoi molteplici significati, spesso resi incomprensibili da maldestri tentativi di analisi scolastiche ai tempi che furono, deve andare, anzi deve correre al Teatro Eliseo dove è stupendamente messo in scena da Gabriele Lavia e la sua numerosa compagnia fino al 24 gennaio. Sono lontani i tempi in cui, all’esordio del 1921 (e già la data è indicativa del genio di Pirandello), al Teatro Valle di Roma, buona parte del pubblico insorse al grido di “Manicomio, manicomio!” nei confronti dell’autore siciliano. Un secolo ed è più attuale che mai, anzi vi si colgono addirittura contemporaneità inaspettate. Gabriele Lavia si accosta al testo pirandelliano con grande rispetto e rigore sin dalle prime battute, inserendo all’inizio dello spettacolo, durante e alla fine, le didascalie scandite dalla sua voce placida e scritte dal drammaturgo agrigentino, che gettano luce ulteriore su quanto rappresentato, senza cervellotiche sperimentazioni che troppo spesso rovinano capolavori senza tempo.
Lavia si mette al servizio di Pirandello, del dramma eterno dell’incomunicabilità, dove ognuno dei sei personaggi urla il suo dolore, anche i due bambini che non aprono mai bocca, ma non sente gli altri, ognuno chiuso in se stesso eppure legati da quella catena invisibile del loro creatore, condannati al tormento di non riuscire, loro personaggi con un corpo proprio, a trovare nessuno che viva la tragedia al posto loro, in un’inconciliabilità infinita. La grande lezione di Pirandello ai teatranti di tutti i tempi. Filosofia del e sul teatro, realtà, finzione, rappresentazione e verità. E se, senza dubbio, la portata filosofica e psicologica del testo e le sue innumerevoli sfumature non sono facili da assimilare, soprattutto per chi non ha alcuna dimestichezza con l’autore, lo spettacolo messo in scena all’Eliseo non è pesante grazie alla bellissima regia, dai ritmi sostenutissimi, alla bravura del gruppo di giovani attori e macchinisti guidati dal capocomico e direttore di scena (un convincente e divertente Michele Demaria), alle musiche di Giordano Corapi che sapientemente levigano la drammaticità donando leggerezza alla stessa intensità recitativa dei personaggi.
Quest’ultima può forse apparire, a prima vista, eccessiva, i toni sopra le righe, enfatici, ma come qualcuno già ha scritto, ci ricordano che i Sei personaggi sono profondamente teatro che reclama il suo “essere” innato, del resto magistralmente mitigato dal resto della compagnia che regala un respiro di commedia beffarda, come negli intenti di Pirandello. “Nera ma non seria. Bizzarra”. Gabriele Lavia è abilissimo, nel ruolo del Padre, a districarsi tra le tematiche filosofiche e l’umorismo della commedia, nei suoi dialoghi con il capocomico (perfetto contraltare) emergono, con semplicità disarmante, verità illuminanti. Straordinaria la prova di Lucia Lavia nel ruolo della figliastra, un fascio di rabbia incontenibile, sul palco e tra le poltrone della platea, che restituisce la figura forse più difficile dei Sei Personaggi con un’interpretazione diversa da quella a cui ci ha abituati la tradizione, potente e originale. Alla fine della pièce, una domanda si fa largo nel cuore: quanti, tra noi, interpretano e non vivono? Il dramma dell’uomo moderno, scritto nel 1921! Il baratro tra la volontà di voler rappresentare le emozioni e viverle davvero. Senza dilungarci troppo, per questioni di spazio, questo Sei Personaggi in cerca d’autore in scena all’Eliseo appare come un quadro di grande armonia, ottimamente diretto, con movimenti scenici incantevoli, scorrevole, piacevolmente assimilabile e di alta, altissima qualità e bellezza. Un piacere assistere, e gli applausi convinti del pubblico hanno suggellato il ritorno del grande teatro. Eterno come i Personaggi.