Le molestie sul lavoro tra omertà e pregiudizi

Molestie sul lavoro: un romanzo, che narra una storia realmente accaduta, ci descrive cosa si prova quando nell’ambiente lavorativo qualcosa di grave sta accadendo.

molestieIl lavoro è una delle questioni più spinose della nostra epoca; il problema della disoccupazione crea uno squilibrio nella società, ma anche nei rapporti di potere. Lavorare non significa solo potersi mantenere e poter provvedere alla famiglia (fattore, di per sé, fondamentale), ma anche costruirsi una dignità, un futuro, essere indipendenti e potersi “permettere” di stare al mondo in relativa sicurezza. Oggi molti di questi vantaggi sono stati ridimensionati o, comunque, attraversano fasi oscillanti che non consentono di fare progetti a lunga durata. Ciò ha ripercussioni negative: l’uomo, infatti, è abituato a proiettarsi nell’avvenire, a spaziare con la mente e, se ciò non è possibile, oppure viene ristretto il campo “d’immaginazione”, si ha la sensazione di vivere in una continua precarietà, di non conquistare davvero nessun obiettivo, nessun traguardo. Questo è il limbo in cui, purtroppo, vivono molti giovani (e non solo). C’è, però, un altro tipo di disparità, di cui non si parla molto e che si somma a queste condizioni di realtà traballante; il lavoro femminile. Le donne, ci dispiace doverlo sottolineare ancora nel 2015, non soltanto soffrono degli svantaggi già elencati ma, troppo spesso, vengono discriminate proprio in quanto donne. Per loro è sempre tutto più difficile, da che mondo è mondo e sono le loro vite a essere, in misura maggiore, plasmate dalle storture della società. Nell’ottimo libro di Olga Ricci, “Toglimi le mani di dosso” (ed. Chiare Lettere, 2015) l’autrice, che scrive sotto pseudonimo per evitare eventuali ritorsioni, getta luce su una piaga ancora sotterranea ma estremamente virulenta: le molestie sul lavoro. Neanche a dirlo le vittime sono soprattutto donne giovani e meno giovani, con grande o poca esperienza, con carattere o più ingenue. Un fenomeno trasversale su cui è difficile indagare, soprattutto perché chi ne è oggetto ha paura di perdere il lavoro, sente la costante sensazione di essere braccato e, quindi, non denuncia facilmente i soprusi subiti. La protagonista di questa storia vera e così simile a tante altre è la stessa Olga, la quale coltiva il sogno di diventare una giornalista affermata e non dover continuamente dimostrare quanto vale in nuovi, estenuanti colloqui di lavoro senza fine. Percepisce fin da subito, nel nuovo ambiente di lavoro in cui è entrata, che qualcosa non va: il suo capo, dall’atteggiamento fin troppo gentile, anzi mellifluo, la attira in una trappola fatta di promesse non mantenute, destabilizzazione psicologica e raccapriccianti avances. In questo libro che ha la costruzione di un romanzo, pur trattandosi di vita vera, Olga cerca di resistere, di negare perfino a se stessa che sta per entrare in un vicolo cieco. Tante ci sono passate prima di lei, troppe ancora ci passeranno. Vede il miraggio di una carriera sempre desiderata, la prospettiva di un avvenire che non venga rimesso in discussione ogni sei mesi, alla scadenza del contratto e questo la spinge a non mollare, nonostante le condizioni lavorative diventino sempre più proibitive. Questa storia ci racconta proprio lo sbilanciamento degli equilibri di potere a cui accennavamo prima, o meglio, i veri e propri abusi di potere che vengono frequentemente (ma non sempre) portati avanti da uomini, poiché questi ultimi, di solito, ricoprono incarichi di comando. Ovviamente non tutti gli uomini che hanno lavori di prestigio e, appunto, potere, mostrano un tale sprezzo della dignità altrui: diciamo subito che esistono moltissimi datori di lavoro rispettosi, dotati di cervello e un’autostima che non li rende forti con i deboli e deboli con i forti. Gli esempi sono tantissimi, li vediamo tutti i giorni ma, purtroppo, Olga Ricci ci fa intravedere le “unità corrotte”, quelle che possono danneggiare seriamente la società e agli individui, che disprezzano le donne e nascondono una certa insoddisfazione, oltre che una imperante insicurezza.

toglimi-le-mani-di-dossoChi molesta una donna è un vigliacco, chi lo fa servendosi della propria influenza, di ricatti e minacce celate sotto modi da gentiluomo non ha coscienza e, se ce la possiede, non l’ha mai usata. Questo è il modo più vile e spregevole per ottenere ciò che si vuole, ciò che l’altra ha tutto il diritto di non concedere e, di certo, nulla ha a che fare con il lavoro da svolgere senza mettere a repentaglio amor proprio e reputazione. Olga Ricci ha paura e persino le colleghe, ormai rassegnate, le consigliano di chinare la testa, oppure andar via. Dov’è la sconfitta e dove la vittoria? Se chiniamo la testa in casi come questi, forse otterremo il lavoro (forse va sottolineato due volte e, inoltre, la carriera non dovrebbero evolversi secondo merito, abilità nel proprio campo ed esperienza? Sono parole e concetti in disuso o qualcuno ci crede ancora?), ma perderemo noi stessi. Se ce ne andiamo la nostra vita rimarrà appesa alla precarietà per chissà quanto tempo, pur avendo l’indiscutibile vantaggio di essere liberi. Non esiste, dunque, vittoria o sconfitta, esiste la legge della nostra coscienza che non può ammettere un tale sopruso, ingiustificato come tutte le violenze e, in particolare, quelle di genere. In Italia questo allarmante fenomeno, come ci spiega l’autrice di “Toglimi le mani di dosso”, non ha grande risonanza mediatica, “non fa notizia”, purtroppo e ciò è dovuto, in parte, a una certa mentalità che fatichiamo a scrollarci di dosso, un modo di pensare bigotto, ipocrita, talvolta ancora veicolato dai mezzi di comunicazione, magari in modo non evidente. Non solo: il libro mette in evidenza che le vittime arrivano a subire, oltre alle molestie, l’ostracismo dei colleghi che le ritengono colpevoli a prescindere, non comprendendo che l’apparente atteggiamento “bonario” del datore di lavoro non è dato da alcuna sottomissione né raccomandazione, ma è la preparazione meticolosa della tela del ragno. Insomma, oltre al danno la beffa e l’ostentata mancanza di solidarietà.

Leggendo quest’opera davvero illuminante abbiamo la sensazione che tutto possa essere comprato, perfino la dignità; ci viene il dubbio di vivere in un immenso mercato dove conta molto l’amicizia con il potente che ci fa brillare di luce riflessa ma, almeno, non ci tiene nella temuta ombra, il baratto di sé pur di apparire, la furbizia più gretta che spinge a sgomitare per avere qualcosa che non è detto ci renda felici e, spesso, ci spoglia dei nostri valori, lasciandoci indifesi e in balìa del vento che soffia dove gli pare. In questa storia, però, c’è anche la vittima impaurita e disorientata in un primo momento, ma fiera e determinata nel sapere cosa vuole per sé, che vorrebbe togliersi il fango di dosso e ci riesce, seppur a caro prezzo; c’è la speranza che ci insegna a non crearci aspettative, a vivere, ci piaccia o no, nel qui e ora dando il massimo, perché se il mondo è crudele, noi abbiamo ancora l’arma del pensiero, il senso della libertà che è scritto nel DNA umano, benché certi uomini si affannino (a volte con successo) a negare tale diritto. Olga, forse, non vince una battaglia, però vince se stessa ed è molto in un Paese che, sempre di più, nega l’individualità a favore del conformismo, del “così fan tutti, o ti adegui o sei fuori”. Alla fine della storia, scritta in modo lineare, spiazzante, in cui molte situazioni e dialoghi procurano al lettore dotato di coscienza un fastidioso prurito al pensiero e all’amor proprio che si tramuta ben presto in indignazione, Olga Ricci fa il punto della situazione, spiegandoci in cosa consiste e come viene considerata la piaga delle molestie sul lavoro. Infine propone un decalogo che ci può aiutare a districarci nelle situazioni lavorative più complesse, perché dobbiamo imparare, soprattutto noi donne, che la gentilezza e il rispetto verso gli altri possono, anzi devono, essere accompagnati da un forte senso di responsabilità verso noi stesse. Chiunque subisca molestie deve parlare, cercare aiuto, affidarsi alla giustizia e, in una prima fase, dire o far capire in maniera decisa che certe “attenzioni” non sono gradite. Non bisogna rimanere in silenzio, soprattutto perché non siamo soli e, pur trovandoci in condizioni svantaggiate, non siamo deboli come qualcuno vorrebbe farci credere. Dobbiamo imparare a proteggerci, a difenderci in maniera garbata ma risoluta. L’impegno di Olga Ricci a favore delle vittime di molestie sul lavoro non si esaurisce con questo eccellente lavoro letterario, ma continua in un blog dal nome inequivocabile, “Il porco al lavoro” da lei fondato, in cui chi ha subito soprusi può parlare, trovare conforto e aiuto. Non è facile ribellarsi, anzi, è doloroso, benché sempre meglio dell’inferno in cui possono risucchiarci tali violenze subdole. Non dobbiamo arrenderci, perché si tratta di una guerra che non combattiamo solo per noi stesse, ma anche per le donne che verranno dopo di noi, le nostre figlie e nipoti a cui abbiamo il dovere di garantire i diritti fondamentali e insegnare che la libertà non si compra.

 

Il libro

Titolo: Toglimi le mani di dosso

Autore: Olga Ricci

Casa editrice: Chiare Lettere

Pagine: 131

Prezzo: 13 euro

Pubblicazione: settembre 2015

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