Non è semplice mettere in scena i classici oggi, nonostante alla base del termine “classico” ci sia proprio l’idea del suo essere sempiterno. Assistendo alla prima assoluta di “Questa sera si recita a soggetto” di Luigi Pirandello, si avverte sin dai primi minuti come ci sia un’idea registica dietro. È quella di Federico Tiezzi, che con Sandro Lombardi cura l’adattamento drammaturgico. Il regista toscano ha segnato la fine del Novecento emergendo come avanguardista, quando con lo stesso Lombardi e Marion D’Amburgo fondò nel 1972 la compagnia del Carrozzone, che fu poi convertita in Magazzini Criminali, Magazzini tout court fino ad approdare negli anni novanta alla scarna dicitura di Compagnia Lombardi-Tiezzi. La loro cifra è stata sin da subito la predominanza dell’immagine a scapito della parola, facendosi influenzare dall’arte figurativa nel tentativo di riformulare il linguaggio del teatro arricchendolo anche coi propri interessi personali. Ecco, quest’ultimo elemento si riscontra anche in “Questa sera si recita a soggetto”, dove vede il protagonista, il dottor Hinkfus (Luigi Lo Cascio), come se fosse una specie di Ludwig Wittgenstein. Si tratta di un filosofo austriaco che Tiezzi sceglie di citare anche esplicitamente con frasi inserite nella scena che ben si sposano con la parte teorica di questo testo. L’opera chiude quello che lo stesso autore siciliano aveva denominato come il ciclo del “teatro nel teatro”, inaugurato dal dramma-manifesto “Sei personaggi in cerca d’autore” (1921) e proseguito con “Ciascuno a suo modo” (1924).
A distanza di otto anni dal primo, arriva “Questa sera si recita a soggetto”, che fu pubblicato prima nella traduzione tedesca che nella traduzione italiana. La prima volta fu allestito il 31 maggio 1930 proprio in Germania, al Lessing Theater di Berlino, per la regia di Gustav Hartung, ma sia da parte del pubblico che della critica ci furono reazioni negative. Grazie a “Questa sera si recita a soggetto” di Luigi Pirandello si arriva a un ulteriore passaggio: vivendo proprio quell’hic et nunc sul palco, il teatro nel teatro si trasforma in teatro del teatro. Procediamo per ordine. Siamo al Piccolo Teatro di Milano, entriamo in sala e attendiamo che la rappresentazione cominci. Quando le luci si abbassano, “stranamente” sentiamo delle voci giungere dalle quinte, finché qualcuno risponde dalla galleria. «È tutto “costruito” o è “vero”?», si chiede qualcuno, soprattutto chi non ha avuto modo di leggere l’opera. Da un pannello nero appare il dottor Hinkfuss. Occhio di bue su di lui che è il regista di questi “personaggi” o almeno è quello che cerca di essere. Non è un caso che si parli di “dottor”. Nella lettura di Tiezzi, l’appellativo viene esaltato da un Lo Cascio che diventa quasi un “entomologo” della parola messa in crisi da Luigi Pirandello. Come se fosse un matematico, spiega il suo teorema illustrandocelo anche sulla lavagna verde. È così che l’autore siciliano inizia a immergerci in ciò che qui si vuole raccontare e indagare: il contrasto tra un gruppo di attori e un regista. Il lavoro realizzato con lo scenografo Marco Rossi e con Gianni Pollini sulle luci dimostra come si voglia in continuazione richiamare il teorema di fondo, legato alla scatola magica e al suo svelamento. Dopo gli anni del teatro del grottesco, infatti, nella trilogia del teatro nel teatro lo scrittore scava ancora di più sui meccanismi di realtà e finzione che caratterizzano l’esistenza degli individui servendosi proprio della macchina teatrale. In fondo è uno dei luoghi in cui si pensa si finga di più o quantomeno è lecito farlo.
I personaggi di “Questa sera si recita a soggetto” vengono spiazzati nel monologo iniziale dalle parole del dottor Hinkfuss. Questi difende l’autonomia dell’opera teatrale dalla sua origine letteraria, tanto che dichiara di aver eliminato il nome dell’autore perché, dice, «l’unico responsabile sono io». Per chiarire meglio le proprie idee, propone alla sua compagnia la novella di Luigi Pirandello “Leonora addio!”, chiedendo loro di recitare a soggetto, cioè improvvisare come si faceva ai tempi della Commedia dell’Arte. È chiaro che Hinkfuss non sopporta l’aspetto definitivo della parola scritta, mentre gli attori sono ancorati al teatro tradizionale caratterizzato da uno svolgimento lineare e prestabilito. Non comprendendo il senso del discorso del regista, iniziano una polemica con lui. Va detto che talmente sembra tutto credibile che, se non conoscessimo il lavoro pirandelliano, alcune battute ci apparirebbero davvero spontanee. Dalla lettura di Tiezzi arriva persino tutta la dose di ironia con cui vengono messe in campo le dinamiche teatrali, una tra tutte i vezzi e i desideri del primo attore o le incomprensioni su come fare una scena. Nella seconda parte della pièce si passa dalla teoria alla pratica. La storia che gli interpreti devono rappresentare è quella della famiglia La Croce, composta da padre – detto Sampognetta – (un Massimo Verdastro tenero e leggero), madre (una Francesca Ciocchetti che strappa sorrisi senza strizzare l’occhio) e figli. Tra le figlie c’è Mommina (un’impeccabile Sandra Toffolatti) sposata per gratitudine a un ufficiale siciliano, Rico Verri (un Francesco Colella ben calato tra personaggio e attore). Quest’ultimo è molto geloso perciò ha vietato alla moglie di uscire di casa né le permette di vedere nessuno. Dopo che il dottor Hinkfuss ha spiegato agli attori la storia, essi si ribellano, lo cacciano e danno vita a un’altra opera fino al punto in cui si assiste all’epilogo legato proprio ai ruoli del regista e dell’attore. «Ognuno a teatro o nella vita recita una propria parte e farà sempre ciò che la sua parte gli richiede di fare o di essere, indipendentemente dal fatto che la persona se ne renda conto o meno». La drammaturgia diventa viva grazie all’andare in scena e tra regista e testo c’è, infatti, il veicolo dell’attore. Va reso onore al merito e perciò vogliamo elencarvi il resto del cast: Valentina Cardinali, Elisa Fedrizzi, Petra Valentini, Nicola Ciaffoni, Gil Giuliani, David Meden, Marouane Zotti, Elena Ghiaurov, Ruggero Franceschini, Alessio Genchi. In “Questa sera si recita a soggetto” ci sono diversi stili in campo e Tiezzi, grazie a questa compagnia, è riuscito a farli emergere tutti, compreso quello più scanzonato. Particolare menzione va alla Toffolatti chiamata, a quasi mezz’ora dalla fine, a mantenere alta l’attenzione con un monologo corposo, ma ci riesce perfettamente toccando corde che vanno dal melodramma al dramma verista. Un’altra intuizione registica ci ha colpiti e ci teniamo a sottolinearla. Dopo averle usate nel 2007 per “I giganti della montagna”, anche qui tornano le maschere di coccodrillo, pronte a simboleggiare l’uomo che dilania il suo simile. In “Questa sera si recita a soggetto” appaiono quando i personaggi dovrebbero presentarsi al pubblico e richiamano anche la metafora della maschera su cui si è instillata proprio la poetica di Luigi Pirandello. Qui si gioca con la vita e con l’arte lambendo il confine tra le due. Con questo spettacolo potreste fare un vero e proprio bagno nella macchina teatrale e innamorarvene qualora non fosse ancora scattata la scintilla, perciò ve lo consigliamo. Avete occasione fino al 24 marzo al Piccolo Teatro Grassi di Milano, poi sarà in tournée fino ad aprile toccando Pesaro, Cesena, Torino e Modena.