Marco Mengoni è uno di quegli artisti dotati della rara capacità di rompere gli schemi. Le vecchie volpi della discografia hanno un detto: “ogni nuovo cantante va praticamente sempre a riempire una nicchia lasciata libera da qualcuno, non si inventa mai niente”. I Backstreet Boys allentano la presa? Entrano gli One Direction (sto ovviamente semplificando e tralasciando step intermedi). Pink è distratta, serve la bambina cattiva? Pronti con Miley. Ma a volte succede che un artista riesca a riempire più di una nicchia, rompendo gli schemi, ribaltando le prospettive, finendo per creare uno stile tutto suo come, per l’appunto, nel caso di Mengoni. Canta facendo sfoggi di virtuosismi come Alex Baroni, ha la presenza e l’allure di Tiziano Ferro, riesce a colpire mamme e ragazzine in maniera trasversale come Renga e si potrebbe continuare. Il punto è che è stato capace di crearsi uno stile del tutto personale, che si fa riconoscere immediatamente fin dalle prime battute musicali, e non soltanto per il timbro della voce, e non soltanto per lo stile dei brani interpretati, che peraltro è stato capace di cambiare nel tempo. È persino riuscito nell’impresa più titanica e difficile per chiunque canti per professione in Italia: ha saputo far dimenticare che la prima, importante popolarità l’ha avuta grazie alla sua partecipazione – e relativa vittoria – alla terza edizione di X Factor, e si sa che per una certa critica snob l’aver preso parte a un talent equivale a portare con sé le stigmate del “prodotto commerciale” per sempre. Lui no: lui è sì il “Mengoni che ha vinto X Factor”, ma è anche stato l’uomo capace di tagliare molto presto il cordone ombelicale con i suoi mentori Morgan e Luca Tommassini per diventare la star che macina dischi di platino, che ha saputo vincere di tutto un po’ da Sanremo al Best European Act degli MTV Music Awards (il primo italiano a farlo). Certo, ha faticato un pochino, soprattutto all’inizio, a lasciarsi alle spalle quello che in origine era il suo “marchio di fabbrica”, cavalcando il quale si è fatto notare (prima) e apprezzare (poi): l’estensione vocale.
Quanti sono infatti i cantanti capaci di spaziare tranquilli in oltre tre ottave? Ma, appunto, visto che questo è stato solo un escamotage per differenziarsi, se poi Marco Mengoni non fosse stato capace di reinventarsi avrebbe rischiato di pagarlo caro. Per sua fortuna invece, intelligentemente, ha capito di dover puntare anche su altro che non fosse il semplice stupire e farsi ammirare per la maestria vocale (anche perché – parere del tutto personale – il virtuosismo spesso lascia il tempo che trova). E infatti la vera differenza è stata quando ha dimostrato di essere perfettamente in grado di usare anche i gravi e il registro di mezzo con una cifra stilistica originale, diventando un nome, e garantendosi una posizione di tutto rispetto, nel vero senso della parola, nella discografia nostrana. A un passo dai trent’anni quindi, visto che è nato nel 1988, il fascinoso cantautore di Ronciglione (provincia di Viterbo), ha dato molto e conquistato tanto, resta ora da veder come si organizzerà per il prossimo, inevitabile “cambio di prospettiva” generazionale. Per un amante del soul e del blues come lui che ha passato la propria adolescenza ascoltando Bowie e Michael Jackson, non dovrebbe essere troppo difficile: le ballad che parlano di sentimenti ed emozioni personali probabilmente finiranno per lasciare spazio anche a un repertorio più vasto di temi, proprio come hanno fatto il Duca Bianco e il Re del Pop. E per un cantante il cui strumento può davvero spaziare tra mille diverse sonorità di generi non necessariamente vicini alla tradizione melodica italiana (la sua versione “funky” di Destra o Sinistra di Gaber è una splendida sorpresa), che ha anche saputo interpretare brani che altri autori gli hanno scritto “su misura” (Giuliano Sangiorgi e Sia, ma anche Luca Carboni, Neffa, Pacifico, la Nannini…), forse la prossima asticella sarà proprio il diventare il cantante di una generazione, non solo di passioni e stati d’animo.
Il tutto però senza fretta, e nel frattempo Marco Mengoni sta giustamente festeggiando un altro record: Parole in circolo (uscito a gennaio 2015) e Le cose che non ho (edito il dicembre successivo), lo hanno reso l’unico artista capace di piazzare ben due album nella classifica Top 10 dei dischi più venduti in Italia in un solo anno, e lo fa riprendendo un tour di grande successo, la cui prima tranche è stata in primavera. Le date autunnali ripartiranno quindi il prossimo 12 novembre Mantova, proseguendo poi con il Forum di Assago, Rimini, Padova, Torino, Roma, Caserta, Reggio Calabria e infine Ancona e Bolzano. Subito dopo, come se le piazze italiane non bastassero, si aggiungeranno date europee cominciando da Francoforte il 6 dicembre, e a seguire Bruxelles, Amsterdam, Parigi, Città di Lussemburgo, Zurigo, Colonia, Vienna e Varsavia. Eh sì: saper rompere gli schemi è davvero un’ottima cosa.