«Gli italiani hanno dimostrato una volta di più di essere migliori della loro classe dirigente e l’hanno fatto rischiando. Due milioni e mezzo di persone vogliono che l’Italia torni a correre, per diventare il luogo di una speranza che sia percorribile e fattibile, ma dipende da noi. Non abbiamo più alibi». Così Matteo Renzi, neosegretario del Partito Democratico. Il sindaco di Firenze alle Primarie per la segreteria del Pd ha ottenuto il 68 per cento dei voti. Una vittoria netta giunta dopo un cammino nella politica nazionale non proprio in discesa. Un percorso fatto di ostacoli da superare in un partito costituito da diverse correnti poco inclini a far proprie le idee del sindaco “rottamatore”. Ma all’indomani delle ultime elezioni politiche qualcosa nel centrosinistra è cambiato: «Renzi era l’ultima risorsa del Partito Democratico», spiega a Cultura & Culture Marco Gervasoni, docente di Storia Contemporanea all’Università del Molise e autore del libro, insieme a Simona Colarizi, “La tela di Penelope” (La Terza). «A prescindere dalle capacità innegabili del neosegretario, il Pd aveva bisogno di un volto nuovo». Tuttavia, nonostante la necessità di un cambiamento impellente nel gruppo dirigenziale del partito, molti osservatori ritengono che l’esito delle primarie abbia decretato la scomparsa definitiva della Sinistra italiana, nonostante Renzi affermi in queste ore il contrario. «Il centrosinistra in realtà è morto con la fine dell’Ulivo – sostiene Gervasoni -. Poi, con Pierluigi Bersani il Pd si era sposato più a Sinistra, mentre adesso con Renzi si va verso un’altra direzione, quella di una Sinistra modernizzatrice e blairista che ricorda, per certi versi (anche se c’è una netta distanza tra le due figure politiche) le sfide poste da Bettino Craxi negli anni Ottanta». E in queste ore ci si pone un nuovo interrogativo che riguarda soprattutto il rapporto tra il Governo di Enrico Letta e il segretario del Partito Democratico: «In questo periodo la tensione istituzionale è alle stelle – precisa Gervasoni -. Ma Renzi non credo abbia intenzione di andare subito alle urne, almeno non prima che venga approvata una nuova legge elettorale. Uno scoglio non semplice da superare, perché Renzi non è in Parlamento e i renziani sono in minoranza alle Camere. Quindi, non è detto che i parlamentari del Partito Democratico, il quale detiene la maggioranza, obbediscano al segretario». Intanto si guarda con attenzione anche al centrodestra che, «se da un lato spinge affinché il neosegretario del Partito Democratico faccia cadere il Governo con l’obiettivo di ritornare alle urne il prima possibile, dall’altro è privo di una figura politica carismatica e giovane; perciò una parte del centrodestra italiano si affida ancora alla leadership di un signore anziano, condannato e che non si sottopone a nessuna legittimazione interna», conclude Gervasoni. Insomma, quel che accadrà nei prossimi mesi è di difficile previsione, resta comunque la speranza che le necessità del Sistema Paese, sempre più in difficoltà, prevalgano sulle lotte nei e fra i partiti.
Maria Ianniciello