Maximilian è il classico album che non ti arriva subito, nonostante la forte vena pop che lo distingue. Questo perché Max Gazzè non è un artista sbrigativo o superficiale, che ti confeziona un nuovo disco perché “vabbè, adesso è ora”. Lo dimostra il primo singolo estratto, “La Vita Com’è”, che ascoltandolo all’interno del decimo album in studio dell’artista romano sembra non azzeccarci niente con tutto il resto. E, ripetiamo, perché sotto la consueta apparenza pop del musicista, c’è un mondo enorme fatto di grande attenzione ai suoni, ricerca, sperimentazione. E’ stato lo stesso Max a definire il nuovo disco “un quadro con tanti colori”, senza dubbio multiforme e con influenze che arrivano da luoghi in apparenza slegati tra loro. Per conoscere la sua arte, allora, bisogna andare più a fondo, superare la piccola punta di irritazione nel leggere “35 minuti” alla voce “durata del disco”, scartabellare tra i 10 impianti compositivi delle altrettante 10 canzoni di Maximilian e andare a ricercarsi quell’”uomo né del passato né del futuro, ma di un presente diverso, di un’altra dimensione”, così come Max se lo è immaginato in questi ultimi anni di lavoro.
Maximilian trae la sua linfa dagli anni ’80 (e questo i fan di Gazzè lo sanno bene) sia per quanto riguarda la scrittura della musica che per le melodie, spruzzando su tutto il lavoro uno sguardo ovviamente più moderno, fresco, immediato. Max ha lavorato ai nuovi brani assieme al fratello Francesco e ne ha anche curato la produzione artistica affiancato da Francesco Barbaro, che si è occupato della produzione esecutiva. Registrato e mixato a Roma e successivamente masterizzato a New York, l’album si apre con “Mille Volte Ancora”, ovvero la lettera di un padre a suo figlio, un biglietto da visita in pieno stile Gazzè con un tappeto elettronico che introduce in maniera inequivocabile nel suo mondo. Una bella canzone d’amore per cominciare, quindi. Che porta a “Un Uomo Diverso”, brano in cui i ritmi si alzano ma dove domina sempre l’approccio elettronico in pieno stile anni ’80. Arriva “Sul Fiume” e Max Gazzè ci presenta una ballata oscura, con un bel pianoforte ad accoglierci e un pezzo che si sviluppa su una piacevole chitarra distorta, ma morbida, non ingombrante, che dona un tono assai evocativo a tutto il brano. Poi parte “La Vita Com’è”, primo singolo del nuovo album, che onestamente ha poco a che fare con il trittico di canzoni con cui Maximilian si apre.
Ma insomma, è una storia vecchia: spesso il traino non corrisponde alla merce che trasporta, quindi prendiamo il pezzo come episodio a sé e ne apprezziamo l’aria frizzante che trasmette e il suo essere impeccabilmente radiofonico. Con “Nulla” torniamo sui binari del disco: bellissima canzone dal gusto epico, un oscuro pezzo rock che il largo utilizzo degli archi rende anche assai suggestivo. “Ti Sembra Normale” ha un che degli Audio 2 (per chi se li ricorda), un brano retrò dal sapore anni ’70 con un ritmo sostenuto, molto simile a “La Vita Com’è” nell’approccio di scrittura (sarà il prossimo singolo?). E’ invece Tommaso Di Giulio, giovane cantautore e collaboratore di Max Gazzè, ad aprire “Disordine d’Aprile”, dove torna forte l’elettronica e il piglio alla Battiato si fa sentire. “In Breve” lo è di nome e di fatto: canzone di 2 minuti e 32 secondi, la più corta del disco (due secondi in meno di “Nulla”), è tuttavia una parentesi molto interessante e quasi “giocosa”, con il suo arpeggio in stile provenzale che ricorda molto Branduardi. L’intreccio chitarra acustica – violino si lascia ascoltare con piacere, per quanto il pezzo resti come sospeso in mezzo al nuovo album. Il torpore, poi, ce lo scrolla di dosso “Teresa”, splendido pezzo in 4/4 molto potente con ottimi arrangiamenti e liriche perfettamente incasellate nel testo sonoro, ovviamente di marca 80’s. Infine, Max ci porta “Verso un Altro Immenso Cielo” e conclude Maximilian con una sorta di grande parata finale. Il brano, infatti, assomiglia più alla colonna sonora di un film che a pezzo pop: si apre con un bel pianoforte che rimanda ai Dresden Dolls, poi entrano maestosi i violini e i timpani e l’intera orchestra che vive nella mente di Gazzè prende forma negli ultimi 3 minuti e 18 secondi di musica che ci congedano da un album interessante, non eccezionale, scritto bene, in certi casi forse troppo “leggero” per quanto riguarda i testi ma comunque valido come approccio, composizione e soluzioni timbriche. Magari Maximilian non è proprio “di un’altra dimensione”, come l’ha definito Max Gazzè, ma in questa dimensione qui ci può stare benissimo. Voto: [usr 3.5]