Appare sul palco in smoking, elegantissimo nella sua altezza impressionante, cantando un suo cavallo di battaglia, la spiritosa “Ovindoli” sulle note di The lion sleeps tonight, un brano che lo impose ancor di più all’attenzione del pubblico televisivo di qualche anno fa. Il “centone”, l’artifizio di reinterpretare canzoni famose cambiando le parole o, più semplicemente, le espressioni del volto o la direzione dello sguardo per rendere comici testi che non lo sono, fa da padrone nella prima mezzora. Da Sergio Endrigo a Mina, da Ivano Fossati ad Antonello Venditti, da Renato Zero ai Simply Red e ai Gipsy King (ribattezzati Stipsi King), l’inizio dello show di Max Tortora è scoppiettante e promette bene. La naturale simpatia e la voce possente nel canto stimolano desideri di divertimento non pienamente realizzati nel corso dello spettacolo. La sua comicità, efficace nei tempi fulminanti di uno sketch televisivo, in quelli lunghi del palcoscenico mostra il fianco e perde di incisività col passare dei minuti. Se simpatiche sono le imitazioni di Celentano col suo improbabile romanesco, o quella di un cinico Amadeus alle prese col quiz L’eredità (spalleggiato da un bravissimo Roberto Andreucci), non altrettanto si può dire di qualche ripetuto eccesso di volgarità e di un calo di ritmo preoccupante nella seconda parte dello show.
Il confronto tra le sigle televisive di una volta e quelle attuali, tra le pubblicità soft di allora e quelle invasive di oggi, con i divi americani impegnati a suon di milioni a promuovere goffamente marche di tonno o di caffè, apre la parentesi dedicata ai programmi televisivi. Il fenomeno dei criminologi opinionisti, quello della cucina a ogni ora del giorno, le spassose imitazioni di Luciano Rispoli (sicuramente una delle più divertenti della sua carriera), di Onder e i suoi inquietanti interrogativi medici, di Piero Angela e figlio (“non ne usciamo più”), i programmi di viaggi e i documentari sugli animali strani come il bradipo o il coleottero coprofago. Una lunga parentesi dissacrante e divertente, questa sì, sul filo dei ricordi.
La follia, dunque, come da titolo. E l’amore? Quello per il mestiere, ci racconta Tortora, “perché di quello tra uomo e donna non ci ho mai capito niente”. L’omaggio canoro a Modugno e Dalla, accompagnato dalla sua orchestra composta da sei bravissimi musicisti, ne sottolinea la struggente malìa. L’apparizione di Stefano Sarcinelli, storica spalla, attore con tempi comici folgoranti, avviene purtroppo in un momento di forte stanca dello spettacolo, che si risolleva nel finale con l’imitazione di Renzo Arbore, i nomi impossibili degli artisti noti solo a lui e gli aneddoti iperbolici sui suoi concerti.
Emozionanti gli omaggi a Franco Califano e Alberto Sordi in chiusura. Serata senza infamia e senza lode, che non lascia di certo il segno nella gloriosa storia del Sistina.
Paolo Leone
Roma, Teatro Sistina. Dal 4 al 9 novembre
Andrea Bianco e Franco Censi presentano: Max Tortora One Man Show – “L’amore e la follia”, scritto e diretto da Max Tortora.
Scenografia di Francesco Scandale; Disegno luci di Domenico Ragosta; Direttore di scene Maurizio Colurcio; Corpo di ballo Martina Chiriaco e Roberta Guerrini.
Con la partecipazione di Stefano Sarcinelli e Roberto Andreucci.
Band composta da: Fabio Tullio al sax; Fabio Di Cocco alle tastiere; Silvio Vitale alla tromba; Stefano Nunzi al basso; Amedeo Miconi alle chitarre; Salvatore Leggieri alla batteria.
In questa prima serata l’ospite a sorpresa è stato Sergio Caputo che ha cantato due brani, “Tequila” e “Un sabato italiano”.
Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Sistina nelle persone di Federica Fresa e Laura Fattore