Il 15 giugno uscirà “No Place in Heaven”, il nuovo album di Mika. Un disco “molto personale, intimo”, che scava a fondo per raccontare l’essenza dell’uomo ma anche della pop star internazionale. Abbiamo incontrato l’artista libanese a Milano, durante la presentazione del suo nuovo progetto alla stampa e a poche ore dal concerto sold out al Fabrique. Sorridente ed elegante, affascinante e umile come sempre, Mika si mostra particolarmente orgoglioso del suo nuovo album, nato dopo due anni intensi di lavoro, di esperienze e di incontri. Due anni vissuti perlopiù in Italia e che lo hanno portato verso una grande crescita personale e professionale.
Mika, non c’è posto in Paradiso?
Non è un titolo triste, non sono pessimista! Non sto cercando un posto in Paradiso, se un giorno dovesse esserci per me, ne sarò felice. Ma se non dovessi trovarlo, non sarà affatto un problema. Il disco e il titolo nascono dalla voglia di buttare fuori finalmente la paranoia e la vergogna, di raccontare chi sono, senza sensi di colpa, né metafore, senza nascondermi.
Voglia di libertà e di mostrare chi sei veramente?
Vengo da una famiglia e da una cultura orientale. Ho origini libanesi, dunque sono cresciuto pensando di dovermi vergognare di pensare e fare certe cose. Mia madre è orgogliosa di me al 90%. Per il restante 10% so che vorrebbe un figlio “normale”, tutto casa, famiglia, figli, domeniche tranquille a pranzo insieme…E invece si ritrova a girare il mondo come una zingara, senza averlo neanche chiesto. Mi segue, lavora come una pazza con me quando sono in tour e in tv (ride, ndr). In No Place in Heaven parlo anche di questo aspetto. E’ un album trasparente, nato nel segno della semplicità e della libertà. Nelle canzoni racconto l’uomo che vorrei diventare.
E ti ispiri ai “Good Guys” di cui parli nel disco?
David Bowie, James Dean, Andy Warhol, Arthur Rimbaud…per citarne alcuni. Personaggi che ammiro, così misteriosi, controcorrente, che hanno saputo cambiare il vento.
Dove hai lavorato al nuovo album?
Sulle colline di Hollywood, in un ambiente intimo, di isolamento. Scrivo canzoni per gestire la mia vita. Devo ammettere che ho avuto la fortuna di incontrare e lavorare con tante persone che mi hanno aiutato e che mi hanno lasciato libero.
Sei stato parecchio anche in Italia, vero?
Parte del disco ha preso forma qui, mentre ero giudice a X Factor. Amo l’Italia, per il vostro vino fantastico, per i paesaggi, le persone. Le vostre canzoni e la vostra lingua latina sono adorabili. Forse mi trovo così bene qui perché ci sono molti elementi in comune con la mia parte libanese.
Cosa, invece, non ti piace del nostro Paese?
Le spiagge! Avete la mania delle foto e dello zoom esagerato! Da evitare anche gli aeroporti!
Tornando al tuo ultimo lavoro: un album di purificazione, perché?
Parlo sempre molto di sessualità, elemento che fa parte della mia identità. Volevo buttare fuori questo aspetto della mia persona, senza vergognarmene. A volte ho paura a dover gestire tutto questo. Quando vieni da una famiglia come la mia incontri maggiori difficoltà. Anche le cose banali, oppure quello che è successo a mia sorella, non riuscivo ad esternarli prima. Tenevo tutto e tutti a distanza. Amore, il mio cuore pieno di gioia oppure ridotto a pezzi, litigi, rapporti contrastanti. Invece oggi, a 30 anni, riesco a scrivere e a raccontarmi senza filtri. Perché uso la leggerezza del mio cuore. Ho incontrato persone con mi hanno insegnato ad essere libero, anche persone stupende di 80 anni con il cuore puro e leggero.
Il sound del disco?
No Place in Heaven è un disco pop ricco di influenze ma di ingredienti semplici. Un album più pulito rispetto al passato. La progressione è stata naturale. Riprende le sonorità pop degli anni Settanta, quelle alla Billy Joel, Toss Rundgren ed Elton John. Ho scritto gran parte di testi e musiche ma ho collaborato con tantissimi artisti, tra cui Benny Benassi e Lucio Fabbri.
E il progetto con Morgan di cui tanto si parla?
Siamo stati in studio insieme ma nel contesto di X Factor, dunque in un momento difficile da gestire. Quando Morgan non è sotto pressione, si trasforma. Emerge la sua parte bella. Ho visto in lui un ragazzino che parla e fa musica con gioia, senza tensione. Mi piacerebbe creare qualcosa con lui, ma in un contesto diverso, in una bolla isolata da tutto. Troveremo l’occasione.
Mika, nel nuovo album ci sono anche delle bonus track e canzoni in francese. Quando ti sentiremo cantare in italiano?
La scelta delle canzoni è sempre un incubo per me! Ho dovuto fare otto diverse playlist per le uscite nel mondo. Il francese? Beh, mi ha permesso di imparare l’italiano! Senza il francese non avrei potuto imparare la vostra lingua così velocemente. Le bonus sono un ottimo modo per dare a chi ascolta una vista più profonda sull’artista in quel determinato periodo. Cantare in italiano? Mi piacerebbe ma ho qualche problema di pronuncia! E’ difficilissimo!
Attendiamo fiduciosi! Parliamo invece del tour: come sarà?
Di una semplicità totale. Tutto sarà collegato alla copertina del disco. Racconterò storie. Prenderò ispirazione dal futurismo italiano. Stiamo facendo i disegni proprio ora. Sarà surreale. Una dream sequence. Molte cose saranno fatte a mano senza schermi led, senza tecnologia, solo emozioni della strada. Ricreeremo un ambiente di fantasia su carta.
E il tuo libro? Mika scrittore, che ci dici?
Ho scoperto che scrivere un libro è la cosa più difficile del mondo! Sto realizzando un diario intimo e sincero. Parlo della storia della mitologia, di mio nonno, della mia frustrazione per il supermercato, in capitoli diversi. Sarà davvero divertente, ve lo assicuro!
Silvia Marchetti