Domani, giovedì 20 dicembre 2012, è un giornata storica per il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali delle donne. L’Assemblea Generale dell’ONU infatti adotterà la Risoluzione di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili (MGF), depositata dal Gruppo dei Paesi Africani e in seguito sponsorizzata dai due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite. L’adozione avverrà per consenso, senza discussione ed emendamenti al testo, a testimonianza dell’ampio accordo politico che è alla base del dispositivo della Risoluzione, che esorta gli Stati a sanzionare penalmente le mutilazioni genitali femminili, siano essere praticate all’interno di strutture sanitarie o altrove.
Per la Vicepresidente del Senato e fondatrice di Non c’è Pace Senza Giustizia, Emma Bonino, «hanno vinto il coraggio e la tenacia. Questa Risoluzione rappresenta una conquista di civiltà per tutti, donne e uomini, e un risultato di cui essere fieri, specie noi italiani e ancor di più noi Radicali, che abbiamo accompagnato dall’inizio la lotta di affrancazione delle donne africane da questa pratica obsoleta e nociva». La giornata di domani vedrà anche l’adozione in sede di Assemblea Generale, della 3ª Risoluzione per la moratoria delle esecuzioni capitali.
Sebbene non vincolante, la risoluzione avrebbe un peso morale e politico considerevole ed è da considerarsi storica perché colloca le mutilazioni genitali femminili, spesso senza anestesia, nell’ambito delle violazioni dei diritti umani. Il testo della risoluzione sottolinea quanto sia importante dare voce alle donne e proteggerne la salute sessuale e riproduttiva, garantendo loro protezione dalla discriminazione e dalla violenza.
Con l’espressione “mutilazioni genitali femminili” si fa riferimento a tutte le forme di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre modificazioni indotte agli organi genitali femminili, pratiche che non hanno un fine terapeutico ma anche danneggiano la salute fisica e psichica delle donne. Vittime ne sono tra i 130 ai 150 milioni di donne in 28 paesi africani, in Yemen, Iraq, Malesia, Indonesia e in alcune comunità dell’America meridionale. Anche in Italia, dove esiste una legge sa sei anni, molte ragazze e bambine sono a rischio mutilazioni genitali, che sono eseguite in età differenti a seconda della cultura e dell’etnia di appartenenza: In Uganda si praticano alle adolescenti, in Somalia alle bambine e in Nigeria addirittura alle neonate.
Diversi sono i tipi di mutilazioni imposti alle donne; la forma più grave è conosciuta come infibulazione e consiste nell’asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione. Segue la cucitura della vulva che lascia aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Queste pratiche, spesso effettuate senza anestesia e conoscenze mediche, e con strumenti rudimentali, rappresentano un grave pericolo per la salute delle bambine e delle donne che rischiano la morte per emorragia o infezione e hanno gravi difficoltà nel parto, che si ripercuoto anche sulla salute del nascituro. I danni non sono solo fisici ma anche psichici e interessano soprattutto la sfera sessuale.
La risoluzione dell’Onu chiede piani d’azione nazionali per accrescere la sensibilità collettiva e formula concrete raccomandazioni per prevenire le mutilazioni dei genitali femminili, proteggere le bambine e le ragazze a rischio, porre fine all’impunità, fornire servizi e cure di sostegno per quante convivono con le conseguenze dell’intervento loro praticato.
Piera Vincenti