E` tornato al Cinema “Non ci resta che piangere”, il film con Roberto Benigni e Massimo Troisi, per la prima volta insieme sul grande schermo. La recensione della commedia.
C’è tanta poesia e un sottile velo di tristezza in “Non ci resta che piangere”, il film di Roberto Benigni e Massimo Troisi che è tornato al cinema, nella versione restaurata, dal 2 al 4 marzo 2015. La pellicola uscì nel 1984 ed ebbe successo al box office, a dimostrazione che il talento, quando c’è, viene premiato dal pubblico. Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere” ci fanno ridere con le simpatiche gag e la loro spontaneità realizzando una favola dei nostri giorni che si tinge di un’ironica malinconia. I personaggi sono sospesi tra il passato e il presente, fatto di progresso e follia in quei ruggenti anni Ottanta, in cui tutto si pensava fosse possibile. 1984, quindi, proprio come il titolo del romanzo di George Orwell. Benigni, da autentico giullare toscano, e Massimo Troisi, con tutta la sua tradizione attoriale partenopea, firmano un’ottima commedia che è tale per la sua semplicità. Un toscano e un napoletano, amici e colleghi di lavoro. Mario (Massimo Troisi) fa il bidello, mentre Saverio (Roberto Benigni) è un insegnante che boccia gli studenti più antipatici. I due protagonisti, seguendo un certo tipo di comicità italiana, che ritroviamo in molti film comici degli anni Settanta e Ottanta (quali per esempio i lungometraggi di Bud Spencer e Terence Hill), si punzecchiano di continuo. Litigano ma in fondo si vogliono bene e si rispettano; nonostante le reciproche differenze si aiutano. Saverio è più audace, mentre Mario è timido e pauroso, ma ha un cuore d’oro e sa essere poeta e cantore con l’audacia del gentiluomo di altri tempi. I due percorrono un sentiero con la loro auto che si ferma per un guasto proprio in aperta campagna.
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Trovano alloggio in una locanda e la mattina, quando si svegliano, tale è il loro stupore nell’accorgersi che sono nel 1492, l’anno in cui Colombo scoprì l’America. Saverio e Mario si adattano alle nuove abitudini. Incontrano Leonardo Da Vinci e scrivono al Savonarola. Questa scena è una delle più belle e intense del film che ricorda il capolavoro “Totò, Peppino e la malafemmina”. Poco apprezzato da un certo tipo di critica e acclamato invece dal pubblico, “Non ci resta che piangere” è rimasto nella memoria collettiva proprio grazie al talento indiscusso dei due attori protagonisti che scrissero con Giuseppe Bertolucci anche la sceneggiatura di un lungometraggio in cui, citando Morando Morandini, Benigni è il clown e Troisi l’Augusto.
Maria Ianniciello