Aveva 27 anni quando se n’è andato unendosi a quel maledettissimo club dei 27, oggi, 8 dicembre, ne avrebbe compiuti 71. Molto spesso quando si pensa a personaggi leggendari come Jim Morrison si tende a credere che con una vita come quella, trascorsa tra “sesso, droga e rock ‘n roll”, vivere più a lungo sarebbe stato impossibile. Che invecchiare e continuare a fare musica in quel modo sarebbe una cosa irrealizzabile per chiunque. Poi si assiste a un concerto dei Rolling Stones, si ascolta l’ultimo album di Leonard Cohen o di Robert Plant e si capisce che invece ci stiamo perdendo qualcosa, qualcosa di molto bello. Che se fossero stati ancora qui avrebbero comunque trovato il modo di regalarci la loro arte e il loro talento. Forse i Doors non sarebbero più esistiti da tanto tempo, forse oggi il Re Lucertola non canterebbe più e sarebbe uno di quei poeti che si aggirano nostalgici per Montmartre o Le Marais in cerca di un’ispirazione derivante dal glorioso passato parigino, ma sicuramente avrebbe trovato il modo di esprimere la sua esistenza e la nostra attraverso le parole, perché come scriveva lui “il poeta è sciamano e capro espiatorio”.
Jim Morrison non era solo un cantante, non era solo il leader dei The Doors, Jim Morrison era un poeta, era una parte importante di un pezzo di storia in cui la musica non serviva solamente a riempire gli stadi, ma era causa ed effetto di una rivoluzione culturale che ha cambiato il modo di vivere delle persone.
Erano gli anni 60 dei Beatles, dei Rolling Stones, dei The Who e, dall’altra parte dell’oceano, dal 4 gennaio 1967 (giorno in cui pubblicarono il loro primo, omonimo album) dei The Doors. Erano passati due anni da quando Ray Manzarek lo aveva sentito cantare i suoi versi sulla spiaggia di Venice Beach . Jim stava lì e intonava parole che oggi sono familiari a chiunque abbia amato quella band “Let’s swim to the moon, let’s climb thru the tide, penetrate the evenin’ that the city sleeps to hide”. Era un ragazzo che adorava la musica, era un ragazzo che adorava la poesia, la fusione delle due cose lo ha reso leggenda.
Incantato dalla sua voce e dalla sua arte, il tastierista gli propose di creare un gruppo al quale da lì a poco si unirono Robby Krieger e John Desmore. Il nome fu scelto proprio da Morrison che, ispirandosi al poeta inglese William Blake, decise di aprire “le porte della percezione” per permettere a tutti di vedere le cose come realmente erano: infinite.
Il primo singolo Break On Through (To the Other Side) però, stentò a decollare. L’Elektra decise così intervenire e di promuovere l’album con un brano un po’ “più radiofonico”. Era Light My Fire. In quel momento nacque il mito dei Doors, una band che, in pochissimi anni, è riuscita a fare storia. Tra concerti, eccessi, alcool e demoni privati, Jim Morrison riuscì a guidare il gruppo verso il successo scrivendo canzoni come Roadhouse Blues, L.A Woman, People are Strange, The Crystal Ship, The End.
Una volta diventato per tutti il Re Lucertola però, Jim Morrison decise di intraprendere una strada diversa. Disse addio ai suoi compagni, si trasferì Parigi e provò a cambiare vita seguendo le orme di Baudelaire e Rimbaud. Pochi mesi dopo Pamela Courson lo trovò privo di vita in una vasca da bagno.
Non sappiamo cosa avrebbe fatto di tutto il suo talento se fosse stato ancora vivo, ciò che sappiamo è che le sue parole e la sua voce sono ancora qui, perché come cantava lui in When the music’s over, “music is your only friend”. Tanti auguri Jim!
Vittoria Patanè