Patty Pravo: la recensione del nuovo album Eccomi
Capita di leggere accanto al nome di Patty Pravo l’aggettivo eterea, in molti, dopo una lunga serie di altri appellativi, la definiscono anche così. Ho compreso l’esattezza di ciò, osservandola esibirsi durante il 66esima Festival di Sanremo, con “Cieli Immensi”. Premetto che non si può contraddire l’evidenza: l’esibizione canora è stata mediocre, molte sono state le stonature riservate per ogni serata, escluso forse il giovedì, dove a cantare ci ha pensato Fred De Palma, giovane rapper, sul palco dell’Ariston al fianco della Pravo, per la serata dedicata alle cover. I versi poi di “Cieli Immensi”, brano firmato da Fortunato Zampaglione, si rincorrono fino a perdersi, senza mai concludersi fino in fondo. (Ma oggi che mi sembri migliore/ Di quello che poteva sembrare allora/ Tu chi sei e cosa vuoi/ E come mai mi pensi/Non sono io nemmeno lei/ Ma i cieli sono immensi). Una ballad d’amore, dove molto è lasciato all’immaginazione. Queste imprecisioni però, in Patty Pravo, svaniscono di fronte a un elementare gesto della mano, che disegna cerchi nell’aria e accompagna la melodia, facendo dimenticare ogni sbavatura, e improvvisamente ricordare, perché è stata soprannominata “la Divina”. Eterea dicevo, proprio per questo motivo. Delicata, elegante, raffinata, distinta, Patty d’improvviso mette a tacere ogni critica. E se al Festival ci ha pensato la sua aura, là dove la sua voce non è arrivata, nel nuovo album, “Eccomi”, pubblicato durante la settimana sanremese, ci pensa la sua arte. Bastano pochi suoni di “A Parte te”, traccia d’apertura, per percepire tutta la classe di quest’artista, che arrivata al 26esimo album in studio, riesce ancora a colpire, non cadendo nel banale o adeguandosi a mode musicali e discografiche. Una cassa, un sintetizzatore e uno schiocco di dita, accompagnano la canzone di un amore che sta finendo, dove anche l’atto più fisico, grazie alle delicate parole, diviene sospeso. (Oppure alla pelle/che ancora profuma di te).
Musica quasi minimale, un paio di elementi a tenere il ritmo e le parole firmate da Giuliano Sangiorgi, solo una tra le tante firme d’eccezione presenti in questo nuovo album. Sembra che molti autori abbiano voluto rendere omaggio alla divina, in questo 2016, anno nel quale raggiunge i cinquant’anni di carriera. Si riconoscono poi penna e stile di Sergio Vallarino, conosciuto ai più come Zibba. La traccia n.3 dell’album, dal titolo “Qualche cosa di diverso”, porta la sua firma. Il suo modo di scrivere e le sue doti canore di stampo cantautorale lo portano spesso a raccontare una canzone, più che a cantarla. Nello stesso modo Patty Pravo affronta il pezzo che Zibba le ha donato, cantando unicamente nel ritornello. Non manca all’appello Tiziano Ferro, che firma “Per difenderti da me”. Uno sporadico assolo chitarra subentra nell’ultimo minuto di “Nuvole”, raro in questo disco, dove la musica rimane sempre dolce, pacata, a tratti quasi elementare. Non sono mai gli strumenti a prevalere nella musica e questo non dispiace, perché è il canto di Patty Pravo che “suona”, si distingue e guida all’ascolto. Nemmeno il pezzo con il rapper Emis Killa esplode di suoni, come consueto nella maggior parte delle basi hip-hop, Killa si adegua e firma “Non siamo eroi”. Sonorità elettroniche e rime già sentite, costruite su luoghi comuni, già proposti da più o meno tutti i giovani rapper d’oggi. (Ti racconterò una storia senza bel finale/ perché a stare con gli stronzi poi diventi uguale). Esperimento poco riuscito per “Possiedimi” firmata da Gianna Nannini e Gino Pacifico, la base quasi raggae fa perdere tutta la credibilità al brano e non bastano le firme dei due autori per rinsavirlo. Ci si chiede come abbia fatto a finire dentro al disco, in contrasto con la delicatezza e l’eleganza presentate dai brani precedenti. Ancora e sempre amore, anche in “Se chiudo gli occhi”, che si affida agli arpeggi di chitarra e alla batteria. Ricorrono spesso le storie passate, abbracciate nuovamente nel presente ma lasciate a metà, dove i protagonisti si sorprendono dei cambiamenti (A parte te) o si interrogano su quello che è stato (Se chiudo gli occhi) ma nonostante la positività dell’adesso che vivono, lasciano spazio solo alle parole, alle domande retoriche, e non all’agire. Lasciando andare chi si ha avuto al fianco. Spazio ad altri temi, per poco, con “Un uomo semplice (C’è solo un uomo solo/che sgomita nell’angolo/urla col megafono/ tutta la sua vita non è un capolavoro), dove a prevalere è la descrizione della vita di un uomo, comune, che può essere quella di ognuno di noi. La batteria marca un ritmo non spento, così la canzone riesce a far riflettere senza rattristare.
Patty Pravo chiude il nuovo album con la traccia n.13, Tutt’al più, la cover presentata a Sanremo. Stravolta e riarrangiata, con un nuovo testo scritto dal rapper Fred De Palma, ben lontano dalla delicatezza dei versi della canzone originale, incisa da Patty nel 1970. Nonostante questo l’esperimento riesce bene, fondendo lo stile che ha caratterizzato la musica italiana per vent’anni con l’hip-hop, recente modo di comunicare, diretto e senza filtri, ma indubbiamente meno aggraziato. Un album che, superata la metà, sposa toni più pop, ad eccezione di “Se”, un lento d’amore, che va oltre ogni rimorso, dove la vita è andata com’è andata e c’è chi è disposto a riviverla tutta, esattamente così. Tema principale è sicuramente l’amore, non per forza idilliaco, dove però la voce della Pravo riesce a mitigare anche i concetti meno dolci. Anche la musica valorizza questo fatto, lasciando ampio respiro alle doti vocali di Patty Pravo. Non penso ci fosse miglior modo per festeggiare i primi cinquant’anni di carriera, un album da ascoltare e riascoltare, che culla anche nelle note più nere di amori finiti o spenti. Puoi ascoltare il nuovo album di seguito su Spotify.