Con Robbie Williams non si può mai stare tranquilli. Perché, negli ultimi vent’anni, l’ex Take That ci ha abituati a sorprese e a coup de theatre non indifferenti. Un pazzo, nel senso più artistico e genuino del termine. Robbie è così, imprevedibile, divertente e mostruosamente talentuoso. L’ultima trovata della popstar britannica si intitola “Under The Radar : Volume 1”, un nuovo album che non è né raccolta, né novità assoluta. Si tratta di una scatola di ricordi e di pezzi rari, di capricci e di registrazioni inedite che il buon Williams ha voluto pubblicare, senza alcun preavviso. “Under Tha Radar” contiene 14 tracce, “scarti” di qualità, che danzano tra pop e rock. Canzoni nelle quali l’artista ritrova, a 40 anni suonati, la voglia e il coraggio di osare e di divertirsi con la musica, senza freni, a briglie sciolte. Beh, lui è un cavallo di razza e come tale può e deve prendersi i suoi spazi e la libertà di mostrare le proprie qualità. Corre veloce, Robbie Williams, galoppando su un prato di note e di parole che alternano ballad romantiche e pezzi ad alto voltaggio.
Tolti i panni da “bravo ragazzo”, soprattutto quelli eleganti e d’altri tempi di “Swing Both Ways”, il cantante inglese si sveglia dal torpore jazz per togliersi un altro sfizio, questa volta rock-friendly. Lo fa con un album che somiglia al mondo dei balocchi, ricco di collaborazioni ed esperimenti musicali mai pubblicati fino ad oggi. Si diverte come un bambino, Robbie. Senza preoccuparsi troppo del brontolio dei suoi produttori: “Under The Radar”, infatti, è uscito senza alcun tipo di promozione programmata. Rob ha snobbato intenzionalmente radio e tv. Un bel rischio a livello economico. Non lo troverete nei negozi tradizionali, non lo ascolterete su Spotify.L’album può essere acquistato alla modica cifra di 5 sterline (poco più di 6 euro) su iTunes e ascoltato tramite Youtube. Fortunatamente ci sarà un tour, il Let Me Entertain You Tour 2015 (che toccherà anche l’Italia, il 23 luglio a Lucca). Occasione, ci auguriamo, per ascoltare live anche quest’ultimo progetto discografico.
La copertina di “Under The Radar” è la risposta a tutto e la dice lunga sulla personalità e la genialità di Sir Williams. Chiappe al vento, nudo come mamma l’ha fatto. Così si mostra sulla cover del disco. Completamente libero di muoversi e di esprimersi. Perché a lui interessa essere se stesso, prima di tutto. Stupire con la sua immagine e la simpatia che lo ha reso irresistibile già ai tempi dei Take That. Questa volta osa più delle altre.
Dal punto di vista musicale, Robbie ci regala una serie di brani dipinti con pennellate e sfumature differenti. Ci sono brani intensi ma essenziali, come “Bully” (primo singolo estratto, una perla sulla scia del sound alla U2, per intenderci) e ci sono pezzi in cui gioca e strizza l’occhio anche a Bruce Springsteen (“H.E.S.”). In “Under The Radar” non mancano canzoni d’amore che si nutrono di ricordi e di passione, dalla magica “Love Is You” alla travolgente “Greenlight”. Ci sono anche frammenti di puro rock, da “National Treasure” a “Surrender”: un passo indietro (o in avanti) per allontanarsi e distaccarsi (momentaneamente) dalla musica pop a cui Robbie Williams si era abbonato negli ultimi anni di carriera (salvo qualche parentesi come il già citato omaggio swing).
Una tracklist varia e variopinta, nata dopo aver spulciato tra centinaia di file e documenti salvati, forse quasi dimenticati, conservati nell’hard disk dei computer del cantante. Un ottimo modo per chiudere l’anno e perché no, tracciare un bilancio della propria carriera. “Under The Radar” si presenta, infatti, come l’album che separa due diversi periodi della vita professionale e personale di Robbie. Guarda al passato, anche ai lati più nascosti e ai segreti di Williams, ma con un occhio buttato all’oggi e al domani. Cosa riserverà il futuro del nostro amato artista? Di sicuro il tour, il volume 2 di Under The Radar e il trasferimento in Germania con la famiglia (almeno stando a quanto ha dichiarato sui social lo stesso cantante). Ancora colpi di scena? Forse sì: Robbie ha annunciato di voler abbandonare, a quasi 41 anni, il mondo della musica per svolgere, finalmente, un lavoro “normale”, forse il meccanico. Che dite, vogliamo credere al maestro della provocazione?
Silvia Marchetti