Rodolfo Laganà, attore comico tra i più amati a Roma e non solo. Classe 1957, artisticamente nasce nel celebre Laboratorio di esercitazioni sceniche di Gigi Proietti, insieme a tanti suoi colleghi che, come lui, diverranno grandi protagonisti della scena. Televisione, cinema, ma la sua attività principale rimane il teatro, con le commedie musicali e soprattutto con i suoi show imperniati sulla satira e sull’ironia sociale. Nel 2011 la scoperta di essere colpito dalla Sclerosi Multipla, la chiusura in se stesso e la conseguente scomparsa dalle scene, fino a quando decide, nel 2014, di uscire allo scoperto e raccontare tutto a un convegno organizzato dall’Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla). Il ritorno sul palco, l’amore del pubblico, il mondo che corre, la sua Roma. Ne ha parlato con noi.
Rodolfo Laganà, quando tornasti sulle scene con Nudo Proprietario, dopo una lunga assenza e soprattutto dopo la tua decisione di rendere pubblica la malattia che ti aveva colpito, Cultura & Culture c’era ed io scrissi che avevamo ritrovato un amico, un fratello, uno di noi. Non a tutti è concesso un affetto clamoroso come quello del tuo pubblico, che non ti ha dimenticato. Per te, invece, è cambiato qualcosa nel tuo modo di vedere lo spettacolo?
Devo dirti la verità, il grande affetto del pubblico certe sere mi ha commosso! Sono così gratificato per questa accoglienza! Cambiato…è cambiato poco in realtà, anche se dei condizionamenti ci sono, ma la voglia di continuare il mio mestiere e del contatto diretto col pubblico mi dà una forza pazzesca. Grazie a tutto questo sono ancora in scena. Non ho nessuna intenzione di mollare il mio mestiere, so che lo posso fare, ho sperimentato l’amore del pubblico e, con sorpresa, ho scoperto che tanti miei pezzi di repertorio ancora non erano conosciuti da tutti. Era come se li facessi per la prima volta. Tanto è vero che questo mi ha indotto, per la serata del 30 luglio alle Terrazze dell’Eur, a mettere in scena una specie di Laganeide (ride – nda).
In Nudo Proprietario mettevi alla berlina il concetto di proprietà e di libertà, dicevi che siamo liberi con la condizionale, e invitavi a metterci a nudo e a non prenderci troppo sul serio. In questa nuova serata cosa ci aspetta?
In Nudo Proprietario c’erano cose che erano giuste per quel momento. In questa prossima serata, ci saranno i miei cavalli di battaglia storici che, come ti dicevo prima, tanta gente ancora non conosce, in più abbiamo inserito dei passaggi tratti da Nudo Proprietario, delle riflessioni carine sull’età che mi possano poi portare ai sogni, canzoni, insomma un bel percorso, una sorta di Greatest Hits che sono contento di fare perché la gente me lo chiede e mi ha dato la forza per risalire.
Rodolfo, tu fai parte di una fantastica nidiata di talenti nati e cresciuti sotto l’ala di un certo Gigi Proietti, e mi piace dire che siete i cantori di una Roma che, come il mondo, corre e cambia in continuazione. Ti ci ritrovi ancora in questa città, non trovi che sia incattivita?
Questa città la trovo molto più violenta e molto cambiata, sì, rispetto a come la vivevo da ragazzo. Anche il concetto di romanità è cambiato. Io ho sempre sostenuto che a essere romani ci vuole coraggio, invece sembra quasi che ci sia una corsa all’imbastardimento, anche nel modo di parlare. Il romano non parla in quel modo sguaiato che vogliono far credere. Nel cinema neorealista, da Zavattini in poi, il romano parlava normale, non c’era mai stato questo innesto di pesantezza nel linguaggio. Io ho grande rispetto per la nostra lingua, che è una lingua popolare ma allo stesso tempo anche snob. Da Gigi Magni al grande Gigi Proietti, che è l’unico che ancora impersona certe cose, quello è l’esempio che non può essere cancellato.
Tu hai sempre espresso una certa nostalgia per quel teatro popolare che negli anni Settanta portò tantissima gente, a prezzi appunto popolari, a conoscere la magia del teatro. Poi cosa è successo? E’ irripetibile quell’esperienza?
Credo di sì purtroppo. Quelli erano anni in cui io misi in scena il Raccordo Anulare World Tour, prendevi una tenda, la mettevi nei quartieri di Roma ed era tutto possibile. Ora è diventato tutto, se non impossibile, molto faticoso, anche a livello economico, sei limitato in tutto. Io non mi sono mai vergognato di essere romano, né di fare una comicità popolare. Non ho mai fatto satira politica e credo che non la farò mai, ma ho sempre fatto una satira sociale, cercando di portare sulla scena i problemi che viviamo tutti. L’atteggiamento della satira politica non mi interessa e non mi è mai interessato.
A proposito di satira: nei tuoi spettacoli è molto disincantata, si percepisce quel distacco che è poi, possiamo dirlo, il punto di vista del romano sul mondo.
Assolutamente sì. Il romano è così, si fa scivolare tutto addosso, però è anche molto critico, ha una sua poesia in un certo senso. Io cerco di salvaguardare queste caratteristiche e vedo che il pubblico apprezza. Io racconto le esperienze di vita che sono le stesse del pubblico, perché sono uno che vive in mezzo alla gente.
Non pensi però che questo nostro atteggiamento possa essere un limite per noi romani?
No, non lo credo. Penso che è vero che facciamo scivolare le cose addosso, ma quando c’è da prendere una decisione, si prende, daje e daje! Il romano è molto critico ma anche molto sensibile verso la poesia di questa città. Me ne accorgo quando in scena faccio l’angelo ne Il cielo sopra il Prenestino, per esempio. Sento un’attenzione, un amore verso questa città… ma d’altra parte, come fai a non amare Roma? E’ impossibile, pur con tutti i difetti che sono tantissimi. Basta che alzi la testa, guardi un tramonto, e stai in pace col mondo.
Rodolfo Laganà è stato anche un grande protagonista del Teatro Sistina. Rinaldo in campo, Alleluja brava gente, due grandi commedie musicali. Capitolo chiuso col Sistina?
Mi auguro di no. Io ho fatto un Sistina che forse non esiste più, quello di Garinei. C’erano una logica, una professionalità quando facevo quelle commedie musicali che penso sia raro trovarle oggi. Spero che possa capitare un’altra opportunità, perché quel teatro lo sento un po’ casa mia, ci ho fatto anche degli show miei in passato. Chissà, è un palco meraviglioso.
Conosco tuo figlio Filippo, ragazzo di rara educazione, attore in erba. Come vedi il suo futuro in questo ambiente che non è certo facile?
Filippo ha iniziato da quasi due anni e fortunatamente ha iniziato con cose buone in teatro. Lo vedo bene, sinceramente lo vedo molto professionale, il giudizio sulla bravura deve poi darlo il pubblico. Il mondo dello spettacolo non è certamente facile, non solo il teatro ma anche il cinema e la televisione, è sempre più complicato e non chiaro. Vedo che lui ha una grande voglia, per il momento sono molto contento.
In Rodolfo Laganà Show, il 30 luglio, ironizzi molto sulla velocità in cui viviamo nell’era dei social. Tu come vivi questa frenesia?
In questo mondo che va de corsa, io giro da n’antra parte! Cerco di recuperare i miei spazi, cerco di ritagliarmi del tempo libero che è una cosa fondamentale. A volte lo vivo con difficoltà, perché tutta sta grande corsa, sta confusione, non riesco a viverla serenamente. Però è il mondo che va avanti…sarà che ormai io ho “una certa”. Quando ero ragazzo, non ci facevo caso, adesso sono troppo vecchio per essere giovane e troppo giovane per essere vecchio. Guarda Paolo, mi definisco un anzian-prodige (ride – nda).
Lasciamoci con un’ultima considerazione. Conosco molti malati rari e le loro famiglie che spesso vivono il disagio, oltre che per la propria malattia, anche per la solitudine in cui sono lasciati dalle istituzioni. Penso che il tuo essere in scena sia un incoraggiamento per tutti loro. Per i cosiddetti “sani”, invece, qual è il tuo messaggio?
Sinceramente, io credo che siamo tutti sani ma allo stesso tempo tutti malati. Credo che la vicinanza, la comprensione, la trasmissione dell’amore, sia una cosa che fa bene a tutti. Parto sempre dal concetto che facciamo la guerra tra poveri, perché lo siamo tutti, alla luce anche degli ultimi tragici avvenimenti nel mondo. Tutta questa violenza, tutti questi morti, è un momento bruttissimo. Allora, se già è brutto il periodo, dovremmo mettere noi la voglia di volerci bene, di stare insieme, di unirci per un percorso che possa renderci più sereni.