«Una sentenza esemplare che restituisce giustizia a migliaia di persone e famiglie che hanno sopportato e sopportano ancora un vero calvario. Speriamo che anche il terzo grado di giudizio confermi questa sentenza perché il caso italiano sia ora d’esempio e faccia giurisprudenza nel mondo, soprattutto nei Paesi dove l’amianto continua a essere estratto e lavorato e continua silenziosamente a mietere vittime». A parlare è il presidente Nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza. Il caso è quello dell’Eternit, che sta facendo discutere in queste ore l’opinione pubblica nazionale e internazionale. La sentenza è stata emessa ieri a Torino. Il Pubblico Ministero che ha sostenuto l’accusa nel processo è stato Raffaele Guariniello che sul quotidiano La Repubblica afferma: «Questa sentenza è un inno alla vita, un inno all’esigenza di tutelare la salute delle persone». Il magnate svizzero, Ernest Stephan Schmidheiny, è stato condannato a 18 anni di reclusione con l’accusa di disastro doloso e un risarcimento di 100milioni di euro che dovrebbero andare ai sindacati, al comune di Casale, alla Regione Piemonte, agli altri comuni del Monferrato e alle 932 parti lese. Il socio, Louis De Cartier De Marchienne, è stato condannato a sedici anni di detenzione ma è deceduto due settimane fa. E adesso bisogna vedere se e come questi soldi saranno versati. Ma come è cominciata la vicenda?
Tutto è iniziato nel 1906 quando l’Eternit aprì a Casale Monferrato, a Cavagnolo, a Rubiera e a Bagnoli. In quel periodo non erano noti gli effetti nocivi dell’amianto che si cominciarono a conoscere solo negli anni Cinquanta. Intanto però gli anni passavano. Nel 1986 l’Eternit chiuse i battenti. Sei anni dopo l’amianto venne completamente messo fuori legge in Italia.
«Questa sentenza è sicuramente un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto – ha dichiarato Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta -, ma proprio per loro crediamo importante avere la garanzia che i risarcimenti ai Comuni arrivino presto per continuare le bonifiche e limitare il diffondersi ulteriore dei casi di tumore. Ogni anno a Casale Monferrato continuano a morire almeno 50 persone per patologie legate all’Eternit. Inoltre, riteniamo grave che Inail e Inps siano stati esclusi dai risarcimenti perché proprio loro dovranno affrontare le spese per i malati attuali e futuri».
Ed è proprio l’associazione ambientalista che con una nota spiega che si tratta di un’eredità pesante quella della produzione d’amianto nel nostro Paese, che va da un milione di metri quadrati delle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Al) ai 45milioni di m3 di pietrisco di scarto contaminato presso la miniera di Balangero (To), passando per i 90mila m3 di fibra, in varie forme, contenuto nello stabilimento produttivo di cemento amianto nella città di Bari, fino ad arrivare ai 40mila big bags contenenti rifiuti d’amianto prodotti fino ad oggi con la bonifica di Bagnoli a Napoli. C’è poi l’amianto domestico, sparso nelle case, scuole o edifici pubblici. Su questo non ci sono ancora dati certi ma le ultime stime del Cnr e dell’Ispesl parlano di oltre 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, ma i numeri totali potrebbero essere molto maggiori.
«Le bonifiche – conclude Cogliati Dezza – in molti casi o non sono partite proprio o sono ancora nella fase di messa in sicurezza. Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo liberarci dall’amianto quanto prima e evitare che la strage possa continuare per troppo tempo nel futuro. Purtroppo i dati sanitari dell’Inail ci dicono che nel nostro Paese gli effetti dell’esposizione all’amianto sono destinati a crescere fino al 2020 e le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni».