Recensione de La scuola, spettacolo con Silvio Orlando allestito a Roma al Teatro Quirino
Per gli amanti del palcoscenico, è innegabile, un sottile brivido di rivincita s’insinua sottopelle quando è un’opera teatrale a ispirare una trasposizione cinematografica e non viceversa. Nel caso de La scuola, ora in scena al Teatro Quirino di Roma, pièce nata dalla letteratura, dal libro Ex cattedra di Domenico Starnone, e convertita in opera teatrale nel 1992 col titolo Sottobanco, protagonista già allora Silvio Orlando, diretta da Daniele Luchetti, siamo ormai al cult. Teatrale e cinematografico, tanto che nel 1995 la pellicola ebbe un clamoroso successo, vincendo addirittura il David di Donatello. Non è un caso se lo stesso inossidabile Orlando ha dichiarato che questo è stato lo spettacolo più importante della sua carriera. La storia, per chi non la conosce, è piuttosto semplice: un consiglio d’istituto riunito per gli scrutini di fine anno, dà vita sì a uno spaccato di vita scolastica, ma soprattutto a un campionario vario di umanità, ricco di sfumature, dalle più nobili alle più becere. Intorno al professore di lettere Cozzolino (un sempre straordinario Silvio Orlando) e alla sua collega di ragioneria Baccalauro (Marina Massironi, un piacere rivederla all’opera), entrambi accusati subdolamente dal resto del corpo docente di tresche amorose più o meno clandestine, una vera girandola di ambizioni frustrate, scontri generazionali, bassezze, esigenze familiari ed economiche, in cui ogni tanto fa capolino la realtà degli studenti, sempre vista con molto distacco e disincanto da uomini e donne che sembrano completamente avulsi e respinti da quel mondo parallelo a cui dovrebbero insegnare, tranne il buon Cozzolino.
Ecco, qui sta la drammatica attualità de La scuola, un’opera che, a prima vista, può sembrare datata. Tra i brillanti dialoghi, su cui si regge l’intero impianto drammaturgico della pièce, scenograficamente ambientata in una diroccata palestra della scuola, puntellata da un’impalcatura che, come tutte le situazioni nell’amministrazione pubblica, da provvisoria diviene perenne, si fa largo la disperazione, la resa di chi non crede più nel proprio ruolo. I personaggi, mirabilmente definiti dalla penna di Starnone e diretti ormai a occhi chiusi da Luchetti, incarnano perfettamente il declino, lo sfascio di un’Italia che non crede più nel ruolo delle guide. E questo accadeva nel 1992, figuriamoci oggi! Situazioni, personaggi e dialoghi divertentissimi ma amari, se non ci si ferma alla superficie. Dalla depressione catastrofista del professor Mortillaro (Roberto Nobile, una sicurezza), al menefreghismo del professor Cirrotta (Antonio Petrocelli, perfetto nel suo ruolo), dall’astio della professoressa Alinovi (Maria Laura Rondanini, convincente), alla presenza “olfattivamente invadente” del prete prof. Mattozzi (Vittorio Ciorcalo, sorprendente), fino al preside privo di cultura (significativo particolare) interpretato dal bravissimo Roberto Citran, tutto delinea un paesaggio desolato che, nella comicità, conferma quanto anticipato 25 anni addietro.
La scuola rimane una commedia gradevolissima e attuale, pur se con qualche lungaggine di troppo. Gli studenti, che nel testo fanno capolino come finestre aperte sulla realtà, in fin dei conti sono vittime di un sistema, di una scuola come zona di frontiera gestita, come afferma Silvio Orlando in un’intervista, «da insegnanti che trovano esseri umani in formazione molto diversi da quelli che sono stati loro». La Scuola sarà in scena al Teatro Quirino fino al 10 aprile.