L’Italia dopo il primo conflitto mondiale, un uomo che non sa spiegare quale identità e quale storia gli appartengano, due donne che lo riconoscono e che tentano di ricondurlo ciascuna al proprio nido familiare: sono questi gli elementi salienti che inquadrano la vicenda italiana più nota del primo Novecento. È il 6 febbraio 1927 e il Corriere della Domenica pubblica, all’interno della rubrica Chi li ha visti?, la foto di un uomo ricoverato, da circa un anno, nel Manicomio Reale di Collegno. L’uomo non ha coscienza di sé e la sua comparsa sulla scena darà adito a un caso di cronaca di rilevanza nazionale, che valicherà i sentieri del tempo e giungerà a noi, nel tentativo di ottenere dalla scienza una possibile soluzione.
Quella dello “smemorato di Collegno” è una vicenda che ha appassionato l’Italia tutta, una storia avvincente che ha fortemente diviso l’opinione pubblica, un caso ben vivo nell’immaginario collettivo che ha alimentato produzioni letterarie e cinematografiche.
Allo smemorato vengono attribuite due distinte identità, che saranno oggetto di controversia. Giulia Canella riconosce nell’uomo il marito dato per disperso sul fronte, nel 1916, durante le operazioni belliche della Prima Guerra Mondiale; per la donna non vi è ombra di dubbio che dietro quell’uomo si celi il professor Giulio Canella, illustre studioso e docente di filosofia, fondatore della Rivista di filosofia neoscolastica (con padre Agostino Gemelli) e del Corriere del Mattino, una testata giornalistica di matrice cattolica. Di altro avviso è invece Rosa Bruneri che identifica l’uomo come il marito Mario Bruneri, un tipografo torinese, anarchico e senza fissa dimora, ricercato dal 1922, poiché condannato per truffa e per lesioni. L’intricata vicenda verrà dibattuta nelle aule di tribunale, in un procedimento giudiziario che arriverà a una sentenza definitiva, emessa dalla Cassazione a sezioni unite, solo nel 1931: per la giustizia lo smemorato è Mario Bruneri, che finge di essere il professor Canella per evitare il carcere. Sarà però Giulia Canella a tenere accanto a sé lo smemorato fino alla fine dei suoi giorni. I due si trasferiranno in Brasile, dove potranno vivere come i coniugi Canella, status giuridico loro negato sul suolo italiano. Chiunque lo smemorato sia, egli vivrà fino alla morte come il professor Giulio Canella.
Oggi, dopo quasi novanta anni, l’enigma sembra essere sciolto. L’indagine condotta dalla genetista Marina Baldi sul Dna dei discendenti diretti di sesso maschile del professor Canella non lascia spazio ai dubbi e stabilisce una verità scientifica. Ad apprenderla è il nipote del professore, l’omonimo Giulio Canella, mercoledì 9 luglio, durante la diretta di Chi l’ha visto?, il fortunato programma di Raitre condotto in prima serata dalla giornalista Federica Sciarelli. Non servono le parole a esplicitare ciò che chiaramente si evince dall’espressione del volto di Canella all’apertura del plico, contenente l’evidenza scientifica, consegnatoli alla presenza di milioni di spettatori: la genetica dà un esito negativo e smentisce che lo smemorato possa essere identificato con il professor Giulio Canella. Tuttavia per i familiari è la legge del cuore ad avere la meglio, quel che importa, al di là della scienza, è l’amore incondizionato di una donna che si è dedicata con l’anima e con la devozione a quell’uomo senza memoria, accolto come il marito disperso e fortuitamente ritrovato.
Amanda Bianchi