Sopravvissuto – The Martian, recensione
Dal regista che ci ha condotti nello spazio profondo dove “nessuno può sentirti urlare” con Alien (1979) e, trentatre anni dopo, con Prometheus, un film come Sopravvissuto – The Martian proprio non te lo aspetti. Per descriverlo si potrebbe prendere a prestito la parola “scienza”, data l’infallibile natura dei teoremi e viste le invenzioni tecniche create dal biologo Mark per sopravvivere su un pianeta inospitale, e la si potrebbe unire all’aggettivo “fantastico” per descrivere la straordinarietà di un’odissea oltre le colonne (siderali) d’Ercole in un paesaggio alieno molto “fordiano”. Non siamo dalle parti della fantascienza intimista di Moon e nemmeno vicini alla (ri)scoperta di civiltà extraterrestri manipolatori di dna umano come in Mission to Mars o lo stesso Prometheus. La prima cosa che viene in mente, pensando al Cast Away di ambientazione spaziale, è il periglioso viaggio in mare del capitano Achab a caccia del temibile Leviatano bianco. O qualsiasi altro mitologema americano che affonda le radici in una tradizione che soltanto cercandola, magari tra le rocce marziane, la si può afferrare e vivere. E allora il mare in burrasca diventa una tempesta di sabbia su Marte, la balena bianca assume i contorni indefiniti delle profondità nere dello spazio e l’uomo che deve aggrapparsi alla salvezza è un novello Giobbe che, scampato al pericolo, è l’unico essere vivente in grado di raccontare a tutti la propria esperienza di redenzione. È tutta questione di archetipi rielaborati sotto forma di un cinema-racconto di largo respiro che utilizza le coordinate classiche del viaggio dell’eroe per parlare a una nazione intera. Anche Mark Watney è un superstite che, prima di trovarsi alla deriva nelle profondità cosmiche, è l’unico mattatore di una scena “rossa” fatta di detriti e rovine nel più classico dei survival movie, come svelato dal trailer ufficiale di presentazione del film. Sappiamo già come andrà a finire la vicenda perché non abbiamo bisogno di credere (o sperare) nella reinvenzione di un nuovo futuro distopico come in Blade runner, e di certo non ci aspettiamo, dall’innovatore della sci-fi, una rivoluzione di genere, tanto meno alla veneranda età di settantasette anni (George Miller con Mad Max:fury road ha “lavorato” di fino la sua stessa materia e non si può certo parlare di rivoluzione). Sopravvissuto – The Martian fa di “poca originalità” virtù, perché del “sacro poema” americano alla Moby Dick mantiene lo spirito superomistico dell’eroe indomito, ma svuota la narrazione della selva biblica dell’allegoria per asciugarsi in un’epica che intrattiene un rapporto di empatia con lo spettatore. Vuoi per l’alleanza coi buoni – gli astronauti che vanno a recuperare l’amico creduto morto – o per i cambi di rotta (e di idea) della Nasa che controlla dalla sala dei bottoni la riuscita delle (tante) operazioni di salvataggio. E poi c’è Matt Damon, il botanico che riesce a coltivare patate biologiche sull’improduttivo pianeta, a cavalcare il rover abbandonato, a ripristinare la comunicazione con la terra per segnalare la sua presenza ed essere così portato in salvo, senza disdegnare l’ascolto in orbita di una odiata-amata disco music. Nulla di nuovo all’orizzonte, ma fatto decisamente bene. Impressionante è anche l’alternanza di registri che fanno della pellicola un insieme di toni e umori che vanno dal “piacevole orrore” del sublime dopo ogni panoramica avvolgente del pianeta, alla commozione per la solitudine del protagonista, un “middle class hero” che cerca di sopravvivere grazie alla sua ironia salva-vita e ai prodigi ingegneristici della sua formazione scientifica. In Sopravvissuto – The Martian, scritto da Drew Goddard e tratto dall’e-book di Andy Weir, dramma e commedia, verosimile e inverosimile si inseguono fino ad un roboante e trionfalistico finale che non riesce tuttavia a rovinare un’epopea divertente e impetuosa, solenne e leggera al tempo stesso, molto più che sopportabile per tutti i suoi 130 minuti. Voto: [usr 3.5]
Sopravvissuto – The Martian, Trama
In missione per conto della Nasa su Marte, un team di astronauti dell’Ares 3 viene investito da una violentissima tempesta di sabbia che li costringe a battere in ritirata. Mark Watney che si ritrova distante dagli altri membri dell’equipaggio, viene colpito da un ordigno metallico e dato per morto. Trovatosi intrappolato e solo sulla desolata superficie marziana, Watney ricorrerà al suo ingegno scientifico per sopravvivere in attesa dell’arrivo dei soccorsi.